Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Johannes, un marinaio, torna a casa dopo sette anni di assenza. Ritrova la donna che aveva amato, ospite in casa di due prostitute, e rievoca in un lungo flashback la propria gioventù randagia: il tirannico padre Alexander, che gli faceva pesare una piccola deformità fisica e stava diventando cieco; la sottomessa madre Alice, che voleva solo invecchiare accanto al marito; l’amante di lui, Sally, che cantava in un locale di dubbia moralità: la stessa donna di cui Johannes si era innamorato, e che per la prima volta gli aveva fatto intravedere la possibilità di una vita diversa. Un film cupo, rabbioso, tormentato, in cui Bergman esprime per la prima volta il profondo disagio autobiografico per la figura paterna: Alexander è un uomo che è impossibile non odiare ma che ha una grandezza tragica, quasi shakespeariana, con il suo disperato tentativo di trattenere la vita che gli sta sfuggendo di mano; e anche gli altri personaggi fanno di tutto per procurare del male a sé stessi con le loro scelte. Una vicenda che avrebbe meritato un esito ben diverso: come nel precedente Piove sul nostro amore, il regista non sa rinunciare a un finale almeno parzialmente rasserenante.
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