Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
Prove “tecniche” per "Il Vangelo secondo Matteo”. Pasolini si reca in Medio Oriente tra Israele e Giordania in cerca di luoghi, persone, volti che possano essergli utili alla realizzazione del suo nuovo film. E’ storia nota che ciò non avverrà mai.
Quello che colpisce maggiormente di quest’opera è la delicatezza, la sensibilità, il garbo della persona Pasolini. La sua voce pacata fa da contrasto con l’aridità di questi luoghi. I suoi sorrisi, i suoi giochi coi bambini locali, rivelano una profonda umanità. In certi momenti sembra quasi una prosecuzione del lavoro fatto con “Comizi d’amore”. Domande semplici e precise, formulate con estremo tatto. Se il regista Pasolini rimane insoddisfatto della sua ricerca, l’uomo Pasolini ne risulta, invece, arricchito e cambiato. Il suo “viaggio di lavoro” si tramuta in un documentario dal taglio quasi antropologico, sociologico, se non addirittura un vero e proprio viaggio di formazione.
Accompagnato da Don Andrea, Pasolini osserva e riflette sui luoghi che hanno fatto la storia della religione cristiana. Non vi è nulla di ciclopico; semmai tutto appare così modesto e spoglio: terra arida bruciata dal sole e persone che, o portano i segni della modernità (la popolazione israeliana), o sono rimaste ad un’arcaicità pre-cristiana, “pagana” (gli arabi).
Imperdibili le sequenze in cui Don Andrea e Pasolini siedono nei pressi del confine con Gerusalemme Est (a quel tempo territorio giordano).
Il primo è un uomo di fede dalle convinzioni granitiche ma dai modi estremamente gentili; il secondo è un uomo laico che ragiona su tutto ciò che vede e sente, e che soprattutto non ha mai bisogno di tirar fuori le unghie. Due mondi distinti e in apparenza agli antipodi, ma che invece riescono a comunicare nel rispetto reciproco. Il sacerdote introduce il tema della spiritualità; Pasolini con quel suo tono calmo ed educato che lo contraddistingue risponde che tale termine per lui non ha nessuna (ovvia) valenza religiosa. Per lui “spirituale” è sinonimo di “estetico”. Poco dopo si alzano e proseguono come nulla fosse il loro cammino. Il dialogo è, quindi, possibile; l’importante sono gli interpreti.
Se dovessi spiegare la differenza tra i termini “intellettuale” e “intellettualistico” direi semplicemente: Pier Paolo Pasolini! Un uomo di cultura che non si atteggia e non si riempie la bocca di parole ad effetto, ma si esprime in maniera semplice, chiara e rispettosa. Un’opera come questa, o come “Che cosa sono le nuvole”, ne è la prova tangibile.
8,5
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