Regia di Judd Apatow vedi scheda film
È possibile che in parte sia colpa del doppiaggio, che certamente non rende in pieno l’umorismo verbale di Steve Carrell, astro nascente della commedia televisiva (The Daily Show, The Office) e cinematografica made in Usa. Ma di sicuro 40 anni vergine ha anche difetti “originari”: episodico, scollato, montato a casaccio, volgare ma non abbastanza (cioè, non ha il millimetrico gusto della provocazione sporcacciona del compianto John Belushi o della serie American Pie), improvvisamente buonista, diretto con una piattezza che certamente gli americani non si permettono più in televisione. Volendo, la storia del commesso di mezza età ancora vergine che i colleghi tentano di “educare” poteva offrire una quantità di spunti comici, purché fossero sviluppati in una narrazione articolata e minimamente inventiva; ma la sceneggiatura ha materiale sufficiente, tutt’al più, per un mediometraggio; e infatti si scopre dal pressbook che il tutto nasce da uno sketch di successo di alcuni anni fa di Carrell. Uno sketch. Due sketch. Tre sketch. Dopo venti minuti, la noia dilaga.
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