Regia di Mark Dornford-May vedi scheda film
A Città del Capo è ambientata questa ennesima versione cinematografica della Carmen di Bizet che in modo originale, ma non per la prima volta, è diventata un film.
Un fatto di cronaca che fece scalpore, ovvero la storia della gitana, sigaraia di Siviglia, uccisa per gelosia, venne conosciuto da Prosper Mérimée durante un suo viaggio in Andalusia.
Egli ne trasse ispirazione per una novella (1845) che Bizet mise in musica, su commissione, terminandone la composizione nel 1875.
La fortuna di questo suo lavoro non fu immediata: per il pubblico benpensante dell’Opéra parigina non era piacevole né vedere, da protagonista, un’operaia, né accettare che la sua “dissolutezza” venisse esibita così sfacciatamente, mentre sulla scena la facevano da padroni briganti e contrabbandieri.
Nel corso del tempo, tuttavia, intorno a questa grande opera lirica crebbe il consenso dei critici e del pubblico e si moltiplicarono ovunque le sue rappresentazioni; di li a poco sarebbero spuntate le sue versioni cinematografiche: la più nota delle "recenti" è, forse, Carmen Jones di Otto Preminger, Palma d’oro a Cannes nel 1954.
Del 1984 è, invece, Prénom Carmen di Jan-Luc Godard (1984). In entrambe questi film Carmen è nera, così come lo è in questo lavoro sudafricano, girato nella periferia povera di Città del Capo, a Khayelitsha, in mezzo alla popolazione di lingua Xoso, che è anche la lingua in cui è stato tradotto il libretto dell’opera, alquanto rimaneggiato e adattato alla situazione locale.
Soltanto il famosissimo pezzo dell’Habanera è stato tradotto alla lettera, mantenendo le parole originarie. L’amore è perciò, anche a Khayelitsha, uno zingaro che non ha mai conosciuto leggi; anche lì quindi, il gioco della seduzione (di cui Carmen è l’indiscusso simbolo) è fatto di asimmetriche corrispondenze e di dolore, e, da ultimo, di morte.
Manca, naturalmente, la Plaza de Toros; manca il bastione di Siviglia; Escamillo è diventato una specie di rock-star, mentre è rimasta quasi intatta la storia di Michaela, della madre e dell’anello, ovvero dell’amore tranquillo, benedetto dalla famiglia, verso il quale Don José non sembra molto attratto. I nomi dei protagonisti sono altri, tranne quello di Carmen, che è e rimane Carmen, anche in lingua Xoso. Una bella trasposizione, coloratissima e vitale, molto gradevole.
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