Regia di Luigi Comencini vedi scheda film
Un film splendido, amarissimo. Io che non sono affatto pessimista (pur avendo anche vari motivi per esserlo), apprezzo però in questa pellicola l’onestissima requisitoria (e in gran parte veritiera, purtroppo!) che si tiene contro il genere umano.
Il lavoro è di grande livello proprio perché combina questi due fattori: una disamina appassionatamente negativa sull’uomo in quanto tale, da una parte, come individuo è in società, il che ha anche un suo fondamento filosofico di fondo; e dall’altra la dimostrazione di ciò che si vuol dire, con scene tratte dalla vita quotidiana che sono assolutamente verosimili. Sarà vero che è un po’ dura assistere a un concentrato così orrendo di umanità (la scena dello stupro, così orrida, è forse la meglio riuscita); ma è altrettanto vero che, prese singolarmente, tali scene fanno parte della nostra attualità, ancor oggi, nonostante non siano passati neppure quarant’anni.
Ma ciò che rende il film ancor più meritevole di essere visto è il ritratto della moralità media degli italiani: la quale è allucinante. Un vero italiano (per quello che la storia ha mostrato nella media dei casi, non certo per ciò che sono tutti, né per ciò che dovrebbe essere, anzi!) ha nel dna il quieto vivere e l’omertà: non denuncerà mai schifezze, ma anzi in silenzio le favorirà. Infatti sa che da tale silenzio non gli verranno noie; le quali invece gi verrebbero da tali denunce, che pure sarebbero così doverose per un minimo di coscienza umana. E ad essere doverose non sono solo le denunce, ovviamente; ma è doveroso anche il fatto di evitare di essere i protagonisti di tali gesti inqualificabili, sia che tali gesti appaiano grandi, sia che appaiano meno macroscopici. Il campionario umano è vergognoso; ma al netto delle forzature, una verosimiglianza purtroppo ce l’ha, che aiuta a riflettere sui vizi propri e dell’italianità.
Il cast è ottimo, così come la regia. Fa riflettere il fatto che registi come Comencini in questo caso, ma anche come Risi e altri, negli anni ’60 e ’70 non avevano remore a proporre queste pellicole così serie, oneste e utili alla riflessione, anche se non proprio spensierate (i vari “Mostri”…). Eppure erano registi miliardari, che non accettavano il flop di incassi. Evidentemente in quegli anni l’opinione pubblica italiana guardava questo genere di film: che oggi avrebbe molto meno successo, proprio per l’aumento netto dell’autolesionismo ignorante in Italia.
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