Regia di Alberto Lattuada vedi scheda film
Un giovane imprenditore senza scrupoli vuole acquistare dei terreni da una nobildonna vedova. La seduce, ma lei è più furba di lui: accetta sesso e attenzioni, ma non cede nè i desiderati terreni, nè promesse di matrimonio che farebbero comunque comodo all'interessato amante. Che quindi si decide per un'ultima strategia: sposare la figlia adolescente e ritardata mentale della donna.
Spaccato crudele con piccole note di ironia, Le farò da padre, sull'arrivismo senza scrupoli dei nuovi imprenditori nostrani; come non rivedere, nel personaggio interpretato da Gigi Proietti, una controfigura del 'giovane' Berlusconi che in quegli stessi anni grazie (così si dice: vedi Belluscone, Franco Maresco, 2014) a ingenti aiuti non solo economici della mafia espandeva il suo regno immobiliare lombardo oltre ogni dire? Certo, l'avvocatucolo Mazzacolli è un cinico mostro amorale struprabambine, ma altrettanto probabilmente non era nelle intenzioni di Lattuada, Ottavio Jemma e Bruno Di Geronimo, gli sceneggiatori, sbertucciare espressamente Silvione nostro. Le farò da padre risulta così un "dramma all'italiana", una sorta di contraltare della commedia di Risi e Monicelli, improntato su caratteri, abitudini e vezzi del Paese, difficilmente 'traducibile' all'estero; purtroppo però, così come la morale negativa della commedia all'italiana è sempre evidente, qui è arduo trovare un significato al lieto fine dell'opera (ci si aspettava un esito più graffiante, più critico). Buono l'assortimento del cast, che oltre a Proietti vede partecipare Irene Papas, Mario Scaccia, Teresa Ann Savoy, Isa Miranda e Lina Polito; il tema centrale della mielosa colonna sonora di Fred Bongusto è identico al popolare (in futuro) jingle dello spot dell'analgesico Moment, accidentalmente si presume. Lattuada tornerà due anni più tardi con tutt'altro tipo di pellicola, cioè con la sua versione di Cuore di cane, di Bulgakov. 4/10.
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