Regia di Agustí Villaronga vedi scheda film
Non è il Lucio Fulci di Una lucertola con la pelle di donna, né il Dario Argento di Profondo rosso, però è quasi il Pupi Avati de La casa dalle finestre che ridono. Agustí Villaronga realizza un thriller a sfondo (para)psicologico in cui il mistero è un morbo endemico della campagna, saldamente avvinghiato ai macabri retaggi di atavici segreti di famiglia. La tecnologia incontra l’oscurantismo delle leggende a base di maledizioni e di fantasmi, le onde elettromagnetiche delle telecomunicazioni si intrecciano con i flussi medianici, e l’indagine scientifica diventa la violazione di un tabù che si paga con la morte. Lara conduce, sulla banda 9.99, una trasmissione radiofonica che prevede interventi telefonici da parte degli ascoltatori, ed èdedicata ai fenomeni soprannaturali o ritenuti tali. Mentre sta parlando in diretta, le giunge, da una persona che non rivela la propria identità, la notizia che suo marito Victor, scomparso da mesi, è rimasto ucciso in uno strano incidente avvenuto presso il cimitero di Jimena, una piccola località situata in una zona rurale della Spagna. Il messaggio è accompagnato da una videocassetta, nella quale, però, risultano registrati solo ombre e suoni incomprensibili. Quel singolare reperto sarà il punto di partenza della consueta investigazione individuale, clandestina ed irta di ostacoli e pericoli, tra cui, inevitabilmente, un’incombente minaccia di morte. Il filo che conduce alla verità è quanto mai intricato, poiché segue i percorsi labirintici in cui la follia si incrocia con la credenza popolare, il vizio, le lugubri stravaganze dell’artista emarginato e le morbose ricerche di uno scienziato caduto nella tentazione del proibito. Creatività e superstizione si fondono nella mente di chi ha voluto inoltrarsi troppo nel territorio buio che si estende dietro la luce della normalità: Victor, abbandonando la moglie ed un figlio per inseguire un suo folle sogno di conoscenza, rimane vittima della sua stessa voglia di toccare con mano i confini del pensabile. I mostri a cui dà la caccia sono racchiusi simbolicamente, ed anche concretamente, nelle immagini, evanescenti e sfumate, che appaiono sulle pareti di una casa abbandonata. La terza via dell’esistenza, che supera le dimensioni fisiche e spirituali per addentrarsi nella insondabile vita del pensiero privo di forma, fa da sfondo ad un racconto del terrore che assomiglia ad una tragedia classica, in cui una hybris solitaria è punita da un intervento superiore, che, in questo caso, non è né divino né diabolico, perché proviene da un luogo che precede ogni prodotto del tempo. La soluzione di questo giallo avrà due volti, uno banale e terreno, l’altro immateriale e sfuggente, come tutte le realtà dei nostri giorni, che, a ben vedere, ci sfidano costantemente con la loro ambiguità: si beano di sbatterci in faccia la loro evidenza, ed intanto, un po’ vigliaccamente, se ne stanno rintanate e protette dentro la spessa corazza del dubbio. Questo 99.9 fa rimbombare, alla luce del sole, il sordo richiamo dell’aldilà, con una voce non più cavernosa, bensì acuta e perforante come la frequenza di un ultrasuono.
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