Regia di Claude Sautet vedi scheda film
Ho amato tutti i film di Claude Sautet che ho visto e considero questo uno dei migliori. Anatomia di un incidente stradale e anatomia del rapporto tra un quarantenne separato e la sua amante. La vicenda è narrata attraverso un flashback decomposto, noncurante della cronologia degli eventi, ma abilissimo nell’assemblare e portare a buon fine i pezzi del puzzle. Il film inizia con l’incidente, ovvero inizia dalla fine. Pierre, di professione architetto, giace sull’erba in uno stato di semi-incoscienza. Nell’attesa dei soccorsi, emergono nella sua mente frammenti di ricordi. La crisi della sua relazione con Hèlène (Romy Schneider), il riavvicinamento al figlio e, forse, alla moglie Catherine (Lea Massari) dalla quale è separato. Il tutto viene mostrato attraverso scene semplici, dialoghi essenziali e quasi non recitati, come avviene nelle “cose della vita” dell’appropriatissimo titolo originale. Claude Sautet dispone di tre splendidi attori protagonisti e li utilizza al meglio. La sua intesa con Michel Piccoli è testimoniata da ben cinque titoli per i quali hanno lavorato insieme. Questo è il primo della serie. La loro perfetta alchimia si accosta secondo me a quella che unì Federico Fellini e Marcello Mastroianni. Non meno adeguata è la prestazione di Romy Schneider, intensa al punto giusto e mai sopra le righe, affascinante come sempre. Amante innamorata ma ormai disillusa, si rende conto di essere entrata nell’intimità di un uomo senza riuscire a penetrarne la vita affettiva. Nel ruolo di Catherine, ex-moglie di Pierre, Lea Massari, anche se con una presenza di minor durata rispetto a Michel Piccoli e Romy Schneider, si impone con il talento recitativo che le va riconosciuto non solo in campo teatrale, ma anche nelle sue troppo rare incursioni nel cinema. Il quarto protagonista del film è poi quell’incidente, il più lungo e appassionante che abbia mai visto in un film. Smontato e rimontato, visto sotto diverse angolazioni, percorre l’intera pellicola rivelando una complicità forse inconsapevole ma certamente perfetta tra Gérard Streiff, autore dell’impressionante e meticolosa ricostruzione del sinistro, e Jacqueline Thiédot che del film ha curato il non facile quanto eccezionale montaggio. Degna di segnalazione è anche la colonna sonora di Philippe Sarde, mai invadente e capace di adeguarsi ai continui cambi di resgitro: da un lato l’incidente, dall’altro la rievocazione dei ricordi più intimi. Non c’è una nota fuori luogo. Un dettaglio per concludere: non ho mai visto fumare tante “Celtiques” in un solo film. Les “Celtiques” erano sigarette francesi in voga (ristretta) negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. Un tabacco nero e brutale, dal sapore marcato e inconfondibile. Il suo tasso di catrame e nicotina era tale che venne ritirata dal mercato sul finire degli anni ’80. Contare quante volte in questo film Michel Piccoli accende, consuma, spegne o getta via una “Celtique” richiederebbe troppo inutile tempo, ma vederlo all’opera è veramente impressionante. Micehl Piccoli, quasi novantenne, è ancora vivo, ma le “Celtiques” furono anche la marca preferita di Enrico Maria Salerno, stroncato a soli 67 anni da un tumore ai polmoni.
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