Regia di Agustí Villaronga vedi scheda film
Vidi il film in un cineforum; spinto dalla curiosità per l'appellativo di "film più estremo al mondo" assegnatoli da uno degli organizzatori della rassegna "film maledetti" (mi pare si chiamasse così) presentandolo qualche sera prima, alla fine della proiezione di un altro film in rassegna: "bubba ho-tep".
In sala non raggiungevamo le 10 persone e a metà film un paio di noi abbandonarono la sala dopo la cruda scena dell'uccisione di un ragazzino.
Non discuto il valore artistico dell' opera che così esaurientemente e validamente ha descritto Spopola, quanto la fruibilità e la piacevolezza del film.
Indubbiamente è un pugno nello stomaco; si respira per tutto il film un aria malsana di depravazione e di scelleratezza che non consente un giudizio finale obbiettivo.
A mia memoria solo "Salò" di Pasolini sviluppa degli stati d'animo simili a questo film; ma aveva perlomeno intenti di denuncia sociale e storica di ripugnananza verso il fascismo o le dittature in generale. L'opera di Villaronga invece mi sembra esclusivamente introspettiva nel rapporto ambiguo tra vittima e carneficie, dove i due caratteri si confondono e diventano irriconoscibili tra loro.
Sconsiglio la visione a chi, da uno spettacolo cinematografico, si aspetta divertimento o altre sensazioni diverse dal disagio o dal malessere.
Un ragazzo si offre come infermiere per accudire un vecchio paralizzato e costretto a vivere dentro una macchina respiratoria, tipo bara di vetro (da qui il titolo); all'interno di una villa signorile. Dopo un po' si scopre che il ragazzo è stato vittima del vecchio, ex gerarca nazista, durante l'ultima guerra. Il desiderio del ragazzo pero' non è la vendetta, come si potrebbe immaginare, ma bensì l'emulazione delle gesta riprorevoli attuate dal vecchio nel passato. Il film si sviluppa in un torbido crescendo di scelleratezze fino all'apocalittico finale.
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