Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
<<Sei il bambino più solo del mondo>>. <<Ce la fai a dipingere un sogno?>>. Come dal nulla, escono fuori parole di una potenza e di una profondità sconvolgente.
Con candore e umiltà, sentimenti che riterremmo non all'altezza di un regista che ci ha sempre abituato a una maestosità e a una messa in scena del tutto diversa, Kurosawa ci ha rivelato il sogno e la realtà, nelle loro forme più pure e assolute. Nel 1947 non era così ovvia l'idea di sognare, di superare le barriere di una realtà che ha perso qualsiasi luce e speranza. Questo film, di una commozione e di una tristezza lancinanti, ridà invece questa speranza, riconsegna all'uomo la dignità della vita e della felicità, non con uno sguardo da autore, né aspirando a nessun tipo di messaggio filosofico nascosto, ma ricordandoci che la mente non è solo fredda constatazione della nostra sofferenza.
Il dopoguerra sembra non aver messo fine all'ingiustizia e alla violenza, nonché alla decadenza morale e civile degli abitanti del mondo, e Tokyo, in questo caso, fa da teatro alla tragedia umana nella sua interezza, con le sue case diroccate e con la desolazione di una pioggia incessante. Nei volti di Yuzo e Masako vediamo l'intera gamma di sentimenti umani, nella loro infinità variabilità, gioia e dolore, pessimismo e ottimismo, maturità e innocenza, speranza e rassegnazione, fino all'unificazione di tutto, della realtà e del sogno, quando Masako chiede direttamente a noi (possibilmente seduti in una sala cinematografica delle stesse dimensioni dell'auditorium all'aperto) di applaudire, di incoraggiare la loro realtà alternativa, di aiutarli. La musica inizia a suonare, le foglie ballano sul palcoscenico pieno di suonatori in smoking. Potrebbe essere il primo ideale film neorealista giapponese, ma il film sembra piuttosto portatore di un realismo magico che oggi non possiamo apprezzare nella sua totalità, a meno che non tornassimo bambini.
Ci vediamo domenica?
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