Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
Dopo la retorica di regime di "Spirito più elevato" (1943), ecco la retorica antimilitarista di quest'opera, che giunge opportuna subito al termine della guerra. Sembra quasi che K. voglia assolvere se stesso ed una generazione, mostrando come anche in seno all'impero del sol levante si agitassero forze reazionarie, autenticamente liberali, contrarie alla politica scellerata che porterà a così gravi conseguenze. Sarebbe interessante indagare la realtà storica dei movimenti studenteschi ed intellettuali che si opposero al regime e quanto peso abbiano avuto realmente nella vita pubblica del Giappone d'anteguerra.
Restando al fatto cinematografico il film inizia incerto, con grande uso di messaggi verbali (i titoli dei giornali) per descrivere sinteticamente la situazione politica, alcuni momenti elegiaci e più spesso una costruzione ed una fotografia didascaliche; personaggi un po' tagliati con l'accetta.
Poi l'opera procede, lo sviluppo si fa più articolato, i caratteri iniziano un processo di evoluzione e trasformazione, anche di arricchimento psicologico. Fotografia e montaggio prendono il volo, fino a giungere ad alcune scene davvero potenti. I riferimenti, i modelli mi pare siano più nel cinema sovietico che in quello occidentale. Le musiche, discrete, sono occidentalissime. Contenuto e forma alla fine sembrano coniugarsi e andare ben oltre a quanto le premesse lasciassero supporre.
Un film da vedere, se non altro per apprezzare la parabola artistica del grande maestro, che ha attraversato tanta storia del cinema, in una continua evoluzione della forma, dello stile e della sua poetica.
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