Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
Kurosawa, durante il periodo che precedette la seconda guerra mondiale, non fu propriamente un oppositore del regime militare che condusse il Giappone alla catastrofe. Questo suo film del 1946 - conosciuto anche con il titolo, più esortativo, "Non rimpiangiamo la nostra giovinezza" - è una sorta di riparazione postbellica, e indubbiamente il film più dichiaratamente "politico" del regista. Vi si narra del giovane studente universitario Noge che, innamorato di Yukie, figlia del suo professore di diritto (un liberale che per protesta contro la dittatura abbandona l'insegnamento), aderisce ad un'associazione antifascista che combatte il regime militarista. Yukie, dopo un primo rifiuto, sposa Noge, che verrà arrestato come spia dopo lo scoppio della guerra e sarà ucciso in carcere. Questo farà maturare la giovane vedova, che deciderà di abbandonare la sua vita dorata di città, per andare a vivere in campagna con i suoceri, che escono di casa soltanto di notte per evitare le persecuzioni dei compaesani che li hanno bollati come "i genitori della spia". Finita la guerra, Noge sarà riabilitato e celebrato come un eroe ed il suo invito a non rimpiangere la giovinezza e a darsi da fare per costruire un futuro migliore per tutti diventerà un motto valido per le giovani generazioni che cresceranno nel nuovo Giappone del dopo bomba. "Non rimpiango la mia giovinezza" è un buon film, nonostante i sessant'anni trascorsi dalla sua uscita e qualche limite di omogeneità che il trascorrere del tempo accentua. La struttura del film è divisibile in tre parti, nelle quali, con diverse funzioni, il personaggio principale è comunque quello di Yukie, che forse simboleggia il popolo giapponese. Nella prima, la giovane è spensierata e guarda con sospetto all'impegno politico di Noge, preferendo il più pacato Itokawa. La seconda parte è quella della dura esperienza del carcere (è arrestata anche lei, come moglie della spia) e della solitudine, che culmina con l'annuncio della morte di Noge. La terza parte è quella della definitiva presa di coscienza e maturazione della ragazza, attraverso l'esperienza dell'umiliazione (la corsa in pieno giorno inseguita dallo scherno dei bambini) e del lavoro duro, che sembra far da metafora alla ricostruzione postbellica del Giappone. Nonostante il doppiaggio italiano un po' troppo debitore al cinema strappalacrime di stampo matarazziano, il sesto film di Kurosawa è uno spettacolo validissimo, anche grazie all'interpretazione di Susumu Fujita che già era stato Sanshiro Sugata e a Setsuke Hara (che sarà la donna perduta dell'"Idiota"), e prelude ai suoi primi capolavori, come "L'angelo ubriaco" (1948) e "Cane randagio" (1949).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta