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Non rimpiango la mia giovinezza

Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Non rimpiango la mia giovinezza

di vermeverde
7 stelle

Akira Kurosawa ha diretto Non rimpiango la mia giovinezza (titolo originale Waga sushun ni kuinashi) nell’immediato dopoguerra (1946), quando il cinema giapponese, in reazione ai disastri bellici ed al dirigismo del precedente regime autoritario/militarista, ha prodotto una serie di pellicole incentrate sulla realtà quotidiana, spesso anche di denuncia sociale, parallelamente al neorealismo italiano, in modo simile al fenomeno biologico della “convergenza evolutiva”. Kurosawa, divenuto celebre in Occidente per i suoi film in costume (“jidai geki”), in realtà ha dedicato una cospicua parte dei suoi lavori ad argomenti contemporanei (“gendai geki”), raggiungendo spesso un alto livello artistico come, ad esempio, in L’angelo ubriacoCane randagioVivereNon rimpiango la mia giovinezza (noto anche come Non rimpiangiamo la nostra giovinezza ) appartiene a questo filone. Considerando il complesso della produzione del regista, non è possibile ridurla ad un’unità di ispirazione, come ad esempio avviene per Ozu, perché una sua importante caratteristica è l’ampiezza dello sguardo verso temi e personaggi molto diversificati.

La trama del film prende spunto da un fatto storico: la ribellione di professori e studenti dell’Università di Kyoto per rivendicare la libertà di insegnamento contro il dirigismo del governo autoritario e militarista. Il film ha anche un riferimento autobiografico perché Kurosawa, da giovane (nel 1929), si era iscritto alla Lega degli Artisti Proletari, più per rivendicare la propria autonomia di artista non soggetto ad imposizioni piuttosto che per aderire a ideologie di sinistra, alle quali è sempre stato estraneo: il regista non si è mai opposto attivamente al regime anche se, come sembra, lo sopportasse malvolentieri infatti ha detto di sé: “Durante la guerra non ho avuto il coraggio di oppormi attivamente ai militaristi; mi sono limitato a sopravvivere navigando tra le maglie della censura; sinceramente me ne vergogno”.

Le vicende narrate possono essere divise in tre capitoli: il primo riguarda la ribellione di professori e studenti, tra i quali spicca il militante di sinistra Noge (Susamu Fujita), dell’Università di Kyoto; nel second0 la protagonista Yukie (Setsuko Hara, l’unica protagonista femminile nella filmografia di Kurosawa) si trasferisce a Tokyo e si unisce a Noge che, sotto la copertura di un istituto culturale, cospirava contro il regime, finendo per essere arrestati entrambi. Nel capitolo finale Yukie, appreso dall’antico corteggiatore Itokawa (Eiko Myoshi) della morte di Noge, va in campagna a sostenere i genitori di Noge, angariati dai contadini perché genitori della “spia”, e aiutando la madre (Haruko Sugimura) nel duro lavoro dei campi.

Le vicende raccontate ne fanno certamente un film politico, tuttavia ritengo che il vero interesse di Kurosawa più che nella lotta politica, consistesse nello studio delle motivazioni psicologiche dei protagonisti, soprattutto per Yukie, la quale compie un percorso di maturazione, giungendo a prendere piena coscienza del significato delle parole del padre “Dietro la libertà ci sono grandi sacrifici e sofferenze”.

Al film è stata spesso rimproverata una mancanza di omogeneità, soprattutto nella parte centrale che, a mio avviso, pecca anche di un certo didascalismo un po’ retorico. A parte queste imperfezioni è apprezzabile il celebrato montaggio “dinamico” del regista e l’atmosfera epica della parte finale: a Kurosawa è sempre stata particolarmente congeniale la rappresentazione della lotta di uno o pochi individui contro preponderanti forze umane o naturali.

Pur non raggiungendo le vette del capolavoro è comunque un bel film alla cui riuscita ha ben contribuito la recitazione degli attori, in particolare Setsuko Hara per la sua ampia gamma espressiva, che qui ha trovato il suo primo riconoscimento di grande attrice.

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