Regia di Fred Zinnemann vedi scheda film
Di solito classificato anche nei dizionari di cinema come film d'azione, ed invece è un thriller politico che piace a chi é anti-sistema come me (d'altronde visto il regista, dubitavo fortemente che ci si trovasse innanzi ad un action, per lo meno come lo si intende oggi). Fred Zinnemann, si conferma un regista enormemente sottovalutato, eppure nella sua carriera ha sempre trovato copioni interessanti da dirigere come in questo caso specifico. Zinnemann veniva dal successo di Un uomo per Tutte le Stagioni nel 1966 dove vinse il suo secondo oscar per la miglior regia, ma non girava più un film da svariati anni, per via del fatto che per via di vari problemi ad un film che doveva dirigere, non se ne fece nulla, ma la casa di produzione perse oltre 3 milioni e così il povero regista si ritrovò contro il sistema degli studios dovendo subire delle vere e proprie umiliazioni, come quella in cui si ritrovò di fronte ad inizio anni 70' un delegato di una casa di produzione che non conosceva chi fosse Zinnemann (evidentemente era molto giovane) e gli chiese cosa avesse fatto in carriera, dacchè elegamente il regista (vincitore di ben 4 oscar e una marea di nomination), gli rispose "mi dica prima cosa ha fatto lei". Visto il clima, il cineasta ritornò in Gran Bretagna, dove riuscì a trovare un interessante film da girare tratto da un libro; Il Giorno dello Sciacallo.
Nel 1963, il gruppo terroristico e nazionalista francese OAS (Organisation de l'armée secrète) decide di assassinare il presidente Charles De Gaulle (Adrien Cayla-Legrand). A tal scopo, assolda uno spietato sicario di cui nessuno conosce il volto, lo Sciacallo (Edward Fox). Scoperto il piano dell'attentato, il commissario Lebel (Michael Lonsdale) cerca disperatamente di fermare il killer.
Fred Zinnemann parte sempre dal sociale per dare delle coordinate spazio temporali allo spettatore, ma ciò che al regista interessa é sempre e soltanto il singolo individuo che deve affrontare le avversità sociali e della storia. Con il suo solito stile secco, asciutto e documentarista (Zinnemann nasce come regista di documentari), nella pellicola ci viene mostrato minuziosamente la preparazione e la maniacalita' ai limiti della paranoia, con cui questo mercenario (lo sciacallo) prepara l'attentato contro De Gaulle commissionatogli dall'OAS. Nascerà un intenso scontro tra questo mercenario dall'estrema professionalità (basta vedere come monta e smonta il fucile) e il commissario di polizia Lebel, mostrato tramite un sublime montaggio alternato che favorisce la costruzione della suspance e un intelligente lavoro sul tempo che scorre inesorabile (il regista inquadra gli orologi oltre 30 volte... chiaro rimando all'apice della sua carriera Mezzogiorno di Fuoco del 1953), che manda in paranoia la polizia ed i servizi segreti per cercare di fermare questo mercenario che giorno dopo giorno, sta arrivando incessantemente e per vie secondarie, alla meta del suo obiettivo.
Lo Sciacallo in effetti potrebbe rinunciare alla sua missione, tanto che ad un certo punto si trova innanzi ad un vero e proprio bivio lungo la strada, ma la sua insondabile coscienza gli impone di portare a termine il lavoro, costi quel che costi. L'attore che lo interpreta (Edwards Fox, che ha sempre preferito al cinema il teatro), risulta essere la scelta giusta, perchè con il suo volto anonimo è abile nel tratteggiare questo individuo di cui nulla sappiamo se non la missione ed il soprannome. È una macchina di morte verso cui molti si sentono attratti e danno fiducia, finendo però spesso con l'essere eliminati, poichè l'implacabile sciacallo distrugge chiunque ostacoli il suo obiettivo attraverso il suo lungo ed impervio viaggio solitario verso Parigi, dove praticamente dice pochissime parole; cosa che potrebbe mandare in crisi il pubblico odierno non abituato a tante sequenze di silenzio o comunque, senza che il protagonista dica qualcosa in proposito o metta in luce i suoi pensieri per lo spettatore. Per sfuggire ai molteplici agguati e trappole della polizia al servizio del regime, il mercenario dovrà continuamente effettuare degli scambi d'identità e d'aspetto, come a dire che per ritrovare una propria intimità privata contro un sistema che lavora sensa sosta per scovarti (ma in direzioni diverse e contrapposte, che non comunicano tra loro); bisogna essere allo stesso tempo uno, nessuno e centomila persone diverse.
Zinnemann con la sua regia asciutta e scarna nei movimenti, ammira questo individuo, poiché segue semplicemente il suo istinto e la sua indole. In effetti c'è da dire che la coscienza per Zinnemann, non fa' altro che interloquire direttamente con la natura interiore dell'individuo, ma è bene ricordare che essa non ha alcuna pretesa di spingere l'individuo a compiere una scelta giusta moralmente secondo la concezione sociale. La polizia é trattata con disprezzo per i suoi metodi brutali con cui ricavano le informazioni, mentre i politicanti sono visti cone utili idioti (De Gaulle in primis che ignora i ripetuti avvisi di pericolo dei servizi segreti).
Visto il cast di attori non famosi, la pellicola seppur elogiata dalla critica, ebbe scarsa accoglienza di pubblico per via del cast di attori sconosciuti e nessuna star di fama mondiale; scelta precisa del regista che voleva la massima aderenza alla realtà a discapito di elementi di distrazione per il pubblico e andando contro il parere dei produttori. Tiepida accoglienza al botteghino, ma quel che conta è che la pellicola è un caposaldo del genere thriller-politico.
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