Regia di Stephen Frears vedi scheda film
Ancor più che nell’interesse documentario, il pregio del film è soprattutto nel rapporto che si crea fra la strana coppia Judi Dench-Bob Hoskins, la signora altolocata e l’impresario plebeo e burbero. La prima dà l’impressione di essere frivola, ma è solo una maschera che mette perché non le piace esibire i propri sentimenti: lo si capisce all’inizio, quando va a piangere da sola in mezzo a un laghetto la morte del marito, e lo si vede alla fine, quando soltanto per far riaprire il teatro è costretta a parlare pubblicamente del suo unico figlio morto in guerra (di cui non può neanche più visitare la tomba, al di là della Manica). E Hoskins, che fino ad allora l’aveva giudicata bizzarra, fatua e addirittura insensibile, la guarda con occhi diversi: nel loro ballo sulla terrazza dell’edificio c’è una dolce complicità e una stima ormai reciproca. La guerra resta sullo sfondo, ma si fa ugualmente sentire: i bombardamenti, i soldati che vanno e vengono, l’angoscia per la sorte delle persone lontane (i parenti di lui, nell’Olanda occupata). Invece funziona molto meno bene la parentesi sentimentale a carico di Kelly Reilly: in cinque giorni passa dall’indifferenza all’amore, rimane incinta e viene abbandonata... tutto troppo frettoloso.
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