Regia di Damiano Damiani vedi scheda film
Un classico della letteratura e del cinema.
Damiano Damiani è stato un egregio regista che, come pochi, ha saputo coniugare impegno e gusti dello spettatore medio. Cinema di denuncia e di intrattenimento. QUIEN SABE, checché se ne dica, è uno dei migliori western politici del genere Spaghetti. IL GIORNO DELLA CIVETTA non è un semplice film, è un archetipo, un modello copiato e scimmiottato da tanti. Del cinema impegnato anni settanta il nome di Damiani, affianco a quelli di Petri e Rosi, c’era sempre. Ogni tanto lo si dimentica, forse perché a fine carriera ha infilato più di un’opera sbagliata. Ma torniamo alla pellicola tratta dal famoso romanzo di Leonardo Sciascia, fondamentale per capire il “fenomeno” mafia, punto di riferimento e di ispirazione per le decine di inchieste del Commissario Montalbano del ripetitivo Andrea Camilleri.
Tralasciamo la trama e le sue dinamiche per soffermarci sul cast: Franco Nero è il risoluto capitano dei carabinieri Bellodi, doppiato dalla voce potente di Sergio Graziani; il caratterista americano Lee J.Cobb è don Mariano Arena, boss di classe sopraffina che divide l’umanità in uomini, mezzi uomini, ominicchi, ruffiani e quaqquaraquà. Doppiato dalla voce unica e decisa di Corrado Gaipa. L’impresario edile Pizzuco, pupo di don Mariano, è l’israeliano Nehemiah Persoff! Doppiato da un’altra bella voce, Arturo Dominici. Il francese Serge Reggiani, dalla spiccata espressività, è l’informatore Parrinieddu con voce sobria e inconfondibile da Oreste Lionello. Claudia Cardinale, doppiata in siculo da Rita Savagnone. Ebbene, un cast così eterogeneo e assortito oggi sarebbe impensabile, in primo luogo per l’utilizzo del doppiaggio e dei doppiatori appena elencati. La potenza decisiva di questo film sta nella forza dei personaggi, a cui bisogna aggiungere tra gli altri lo Zecchinetta del sanguigno Tano Cimarosa, nei volti allargati dal grandangolo, da una lingua (il siciliano) esaltata e ficcante.
Damiani esaspera i toni, le situazioni, mette in primo piano il plot giallo, fa urlare i suoi attori e il suo stile. Lo fa, però, con una grazia che resta nel limbo del dramma e della denuncia, senza necessità di sforare nel grottesco di Petri, ché al contrario di lui e con eguali risultati, esplicava il racconto, il messaggio e lo stile sotto la lente di quel genere. Il regista friulano evidenzia i contorni, la terra arsa dal sole di Sicilia, il sudore dei volti e delle stagioni, la protervia del potere mafioso contrapposta all’onestà e alla giustizia dello Stato, rappresentata dai carabinieri e da Bellodi. Imprime ritmo allo svolgimento diegetico del racconto. Dà forza alla parola scritta di Sciascia e mutuata da Ugo Pirro.
IL GIORNO DELLA CIVETTA, a ragione, è stato definito un western calato nei paesaggi e nel centro di Partinico. La casa del boss, del bandito elegante e riverito, fronte a quella dello sceriffo perbene, tutore dell’ordine e della legge. Nel mezzo un duello e una bella donna. Vittime e carnefici. E poi la lezione del Gattopardo, tutto deve cambiare perché nulla cambi. Un classico intramontabile.
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