Regia di Manuel Gómez Pereira vedi scheda film
“Zapatero, Zapateraaaaa, come è triste sta canciòn - Jo sognavo Che Guevara e c’è Bordon!”. La geniale canzone di Crozza racconta di quanto Zapatero sia un mito per la sinistra italiana. Inoltre, misura la temperatura dello “zapaterismo”, una movida politicamente corretta dove i severi precetti della Chiesa contano come il due di picche (e siamo in Spagna!), i gay si possono sposare e la scuola privata, lapalissianamente, se la pagano i privati. Questione di immaginario, per gli iberici, e di utopia, per noi. Reinas viene dipinto come un film zapaterista anche se girato prima che le cerimonie nuziali “incriminate” fossero possibili. In verità si tratta di una commediola gradevole, ispirata più che ad Almodóvar ai suoi spunti abituali (il mélo e la commedia sofisticata americana), impreziosita da un cast femminile che da solo basta e avanza per vivificare qualunque sceneggiatura. E a ben guardare, per la causa omosessuale il film è un’arma a doppio taglio perché le coppie gay destinate a sposarsi “in gruppo” davanti a un giudice (madre contrariata di uno di loro) danno l’idea di perseguire ideali piccoloborghesi, e sono incapaci di vivere storie d’amore e di sesso senza sentirsi preventivamente una “fenomenologia” o un baluardo. Gli stereotipi abbondano (un padre sbirro, l’altro operaio comunista: uniti dalla conclamata virilità) e siccome anche l’omo è uomo (vedi Hugo), alla fin fine la “gnocca” è irresistibile per tutti. In effetti, a ben pensarci, un film machista.
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