Regia di Rob Marshall vedi scheda film
Il suono lieve e armonioso di un flauto accompagna una giovane vergine nel suo procedere docile su un palco cristallino. Il tempo di attirare l’attenzione degli astanti e la sua arte ha modo di manifestarsi: la danza (perché una geisha “va valutata come un’opera d’arte in movimento”). Movimenti dolci, ossequiosi di una calibrata, impeccabile coreografia.
Poi, gradualmente il ritmo cresce e mentre la musica aumenta d’intensità - facendosi nervosa e vibrante - il corpo della musa inizia a vorticare impetuoso: le vesti fendono l’aria come lame (ma solo i cuori dei presenti ne risentono) e allontanano la pioggia di coriandoli che scroscia dalla volta. L’estasi della danzatrice è benedetta da un bagno di luce che squarcia l’oscurità bluastra, ma solo l’ascesa di un ulteriore fascio rutilante di luce ne consacra definitivamente il successo.
Questo è “Memorie di una geisha”: un film la cui bellezza origina tutta da una sublime fotografia, tesa a enfatizzare i contrasti di luce nelle piccole cose, ma anche a dipingere affreschi delicati di più ampio respiro: l’affresco di un mondo senza tempo…che l’incalzare della guerra riuscirà però a frantumare.
Ciò che rimane sono macerie…e il ricordo di una vita vissuta inseguendo un sogno che solo tristi cartoline proveranno a non far sbiadire.
D’altronde la geisha è la “moglie del crepuscolo”: l’inno agrodolce di un violino solitario, quindi, ne sancisce ineluttabilmente il declino.
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