Regia di Ninì Grassia vedi scheda film
Un ragazzo parte per il servizio militare promettendo alla fidanzata una lettera al giorno. Improvvisamente, dopo un po’ di tempo, smette però di scriverle. Lei lo raggiunge, ma scopre che ha una tresca con la figlia del generale. Lo lascia, salvo ripensamenti dell’ultimo minuto.
La sceneggiata napoletana viveva un florido periodo alla fine degli anni Settanta; Ninì Grassia aveva già provato a inserirsi nel filone con un paio di blande variazioni sul genere (La pagella, 1980; e L’ultima volta insieme, 1981), nelle quali mancava però l’elemento fondamentale: la musica. Il successo arriverà infatti giustamente di seguito con Celebrità (1981) e L’ave Maria (1982), le prime due pellicole con Nino D’Angelo protagonista; per riempire il tempo in attesa del successivo film con il caschetto biondo, ecco che il regista prova a lanciare nell’olimpo cinematografico anche Franco Cipriani, altro cantante melodico partenopeo dall’ugola d’oro e dalle limitate capacità di interprete. Certo, la confezione approssimativa e la scrittura sciatta non aiutano in nessun caso, ma per un lavoro come O’ surdato nnammurato non sarebbe servito a nulla nemmeno Kubrick: la destinazione è popolare, l’obiettivo è intrattenere con una storiella d’amore lineare e a lieto fine, intervallata da esecuzioni di inediti e di classici della canzone napoletana come il pezzo che dà il titolo al lavoro (in effetti noto anche come Oi vita oi vita mia, testo del celebre ritornello). Altro non può e non deve esserci, quindi a posto così. Sceneggiatura dello stesso Grassia; fra gli altri attori si segnalano Annie Belle ed Elena Valentino, che formano con Cipriani il triangolo centrale della storia, e Lino Crispo e Bianca Sollazzo a cui sono destinati i momenti comici (fra i quali non mancano le barzellette). Wikipedia sostiene che si tratti di un ‘revival’ (remake, più probabilmente) di La sciantosa, con Anna Magnani, diretto da Alfredo Giannetti nel 1971: no. 2/10.
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