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Bronte - Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato

Regia di Florestano Vancini vedi scheda film

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La recensione su Bronte - Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato

di sasso67
8 stelle

L'episodio che ispirò il racconto di Verga "Libertà" è narrato da Florestano Vancini in questo film doveroso, asciutto, illuminante e illuminista, nonché ingiustamente poco conosciuto. Quando i garibaldini dilagarono in Sicilia, e il Generale, per invogliare i picciotti ad unirsi alle sue truppe, emanò degli editti che promettevano la spartizione delle terre, vi fu chi, nei paesini che le colonne in camicia rossa non avevano toccato, pensò che la libertà promessa da Garibaldi significasse rivoluzione, nel vero senso della parola, cioè di ribaltamento dello stato sociale. E invece non era così: come capiscono immediatamente i religiosi (Vancini ce lo mostra nelle prime sequenze del film), quello che interessa ai soldati venuti dal nord, che della Sicilia non capiscono niente, dalla lingua alle usanze, è arrivare a Napoli e più avanti per togliere lo stato ai Borboni e fare l'Italia unita. I fatti di Bronte, così come quelli analoghi avvenuti nei paesi limitrofi furono per Garibaldi un incidente di percorso, che rischiò seriamente di rallentare la marcia verso il continente. I villici, sottoproletari che vivevano in condizioni subumane, sarebbero moderati dall'avvocato Lombardo, liberale ma alieno dallo spargimento del sangue, se non intervenissero i carbonai, capeggiati da Gasparazzo, una specie di diavolo nero che, dopo la strage, riprende la via delle montagne (andrà a fare il brigante?). La repressione sarà spietata e colpirà, nell'immediato, proprio i più moderati, ponendo i garibaldini, capeggiati dal fanatico Bixio, allo stesso livello delle belve che ritenevano di dover combattere. Rivisto a trentacinque anni di distanza dalla sua uscita, "Bronte" non ha perso un millesimo della sua efficacia e della sua importanza. Comincia come un film horror, e non soltanto per la scena della fustigazione del ladro di legname (che potrebbe anche avere ispirato Olmi per "L'albero degli zoccoli"), quanto per gli uomini costretti a vagare per gli acquitrini per farsi aggredire dalle sanguisughe e portarle a casa allo scopo di mettere qualcosa in pentola, oppure per i ragazzini costretti a cercare il cibo tra i rifiuti dei ricchi. Dopo di che si passa da una strage all'altra, che soltanto i siciliani sembrano capire (e giustificare), alla luce di soprusi millenari, per cui probabilmente altra forma di giustizia non c'era. Ma il film di Vancini, servito fra gli altri dall'ottima interpretazione di Garrani e Rigillo (due attori che hanno saputo mettere a frutto nelle loro apparizioni cinematografiche le loro esperienze teatrali), rimanda all'oggi anche quando i ribelli, appostati sulle alture, rispondono ai soldati garibaldini, che sostengono di essere venuti a portare la pace, di "non fidarsi di chi viene a portare la pace col cannone". E poi resta il merito di avere fatto luce su questo episodio che non i libri di storia hanno ignorato (tanto è vero che i titoli di coda ci elencano una discreta bibliografia sulla quale gli autori, tra i quali Sciascia, si sono basati), ma i libri di scuola, la storiografia ufficiale, quella dell'esaltazione del Risorgimento italiano ad ogni costo. La storia fatta dai vincitori, per intenderci.

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