Regia di Alfonso Brescia vedi scheda film
Questo titolo semisconosciuto del 1967 è piuttosto istruttivo sul come viene trattato lo scenario storico della guerra di secessione nell'ambito del western all'italiana. Negli Stati Uniti, per chiare ragioni di coinvolgimento patriottico, l'evento è sempre visto attraverso atti di eroismo che nobilitano i nordisti liberatori e non umiliano i sudisti schiavisti e cattivi. Al limite un autore come Peckinpah ha introdotto qualche variazione sul tema, conferendo ai suoi personaggi un volto più umano e quindi più egoistico, più rivolto al sé. Ma gli eccessi del nostro western rimangono sconosciuti anche a lui. Alfonso Brescia riunisce nordisti e sudisti sotto le medesime insegne di immoralità. I nordisti sono degli stupratori, arraffoni, assassini; i sudisti, ugualmente, sono dei banditi che non si fanno scrupoli nel depredare diligenze di civili per ripagare la propria causa. L'ideale patrio è assente. Non ci è dato di osservare i benefici della vittoria dei nordisti rispetto al fenomeno schiavismo; al contrario, il solo effetto del loro successo è l'oppressiva dominazione tipica del conquistatore. La sete di possesso anima il nordista vincitore, e il desiderio di vendetta muove il sudista sconfitto. In questo contesto si sviluppa la vicenda del protagonista Johs che, a dispetto della sua natura pacifica, è obbligato dalle circostanze a volersi vendicare di chi gli ha tolto tutto: il fratello, la moglie del fratello, la sua promessa sposa. Il piccolo barlume d'ottimismo - che se vogliamo, toglie brio a un finale che ci aspetteremmo violento più che mai - in questa landa sporca di sangue e crudeltà, è che a Johs non riuscirà di rinnegare i suoi principi. Svolgimento italianissimo, finale all'americana.
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