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I giorni della violenza

Regia di Alfonso Brescia vedi scheda film

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La recensione su I giorni della violenza

di scapigliato
8 stelle

Con un Nello Pazzafini caratterista tra il buono e il cattivo, questo film di piccoli mezzi risulta invece avere quelle poche qualità che possono avvicinarlo ai titoli migliori. Le locations sono solo tre: Villa Mussolini, gli esterni laziali, e il villaggio western ricostruito. Anche la sceneggiatura non ha falle vistose, se non nell’ingenuità di alcuni passaggi, e in alcuni raccordi narrativi elementari fino all’amatoriale. Ma nonostante questo, sia la storia che il ritmo tengono bene dall’inizio alla fine, arricchendo lo sviluppo di svolte per nulla banali. Una su tutte: Johs uccide un uomo innocente.
Il protoagonista, Johs Lee, uno straordinario Peter Lee Laerence, credo qui in uno dei suoi ruoli più riusciti, è un sudista che odia guerra e ingiustizie, però purtroppo ama la figlia di un proprietario terriero che invece crede nella guerra e nella schiavitù. Mr. Evans, appunto, non è un uomo malvagio, ma sembrerebbe molto più vicino ad un obsoleto vecchio testamento, invece che ad uno spirito giovane di libertà e semplicità, quale è appunto quello di Johs e suo fratello, e quello di Christine e Lizzy, le sue due figlie. Purtroppo a complicare ulteriormente le cose arriva il Capitano nordinasta Clifford, che aiutato dall’infimo Hank, ex collaboratore della fattoria degli Evans, tenterà di appropriarsi sia del terreno che di Christine.
Johs (che non so se è proprio voluto così, o è uno sbaglio tra Joss e Josh) dopo la morte del fratello si aggrega a Butch (Pazzafini) e si da alla macchia. Uccide pure un innocente e si conquista una taglia di 5.000 dollari. Ma il suo amore, ancora corrisposto, x Christine riuscirà a dargli energia e volontà per portare un po’ di giustizia, anche se la guerra di secessione vinta dai nordisti, è finita ormai da due anni.
Il duello finale è un’idea simpatica, con quel fiammifero che si brucia velocemente, fingendo da clessidra. Ma il pregio del film, oltre a quanto detto prima, sta tantissimo nella performance di Peter Lee Lawrence. Il giovane attore (molto simile a Di Caprio), morto suicida a soli 29 anni per il tumore al cervello che lo annientava, rimane uno dei volti più cari dello Spaghetti. Qui ci piace parecchio. É tenero, nostalgico, non decadente alla Anthony Steffen, ma con quella pseudo-fatalità che ci commuove. Fa il duro, fa il criminale, si macchia e si sporca le mani, ma quel viso d’angelo, completato da un attore credibile, e dalla vita tragica, riesce a farcelo sentire vicino. Molto vicino. Perchè Peter Lee Laerence sa prenderti, sa farsi amare.

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