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Il sole

Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film

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La recensione su Il sole

di sasso67
10 stelle

L'imperatore Hirohito sembra vivere e pensare in una terra di mezzo. Una terra di mezzo che separa le divinità dai comuni esseri mortali, una terra di mezzo dove abita chi non sa scegliere tra l'amata passione per la biologia animale e gli affari di stato, dove si dibatte chi non sa scegliere tra la pace, subito e per sempre, e una guerra fino all'ultimo uomo. Emblematica la sequenza del consiglio di guerra, che si svolge nel bunker, insieme a ministri e generali, dove il discendente della dea del sole non sa far di meglio che raccontare la parabola del pescegatto. Questo di Sokurov è un film eccezionale, perché nel breve spazio in cui si svolge la sua "azione" (se così si può chiamare) ci spiega, di questo enigmatico personaggio, più di cento trattati. A costo, purtroppo, di rendercelo quasi simpatico: non ci scordiamo che proprio il Tenno aveva mandato un'intera nazione al massacro, al fianco di Hitler e Mussolini, senza un vero perché. Hirohito, in realtà non sembra rendersene neanche conto, vissuto com'è, da sempre, in una realtà irreale, nella quale il suo cameriere, chiedendogli ogni volta il permesso, gli abbottonava perfino i bottoni della camicia. E si vede il suo spaesamento quando viene portato ad incontrare il generale MacArthur, che lo accoglie con il disprezzo che si deve ad un criminale di guerra sconfitto e poi lo congeda quasi con compassione. E quell'omino con la tuba, davvero molto simile al Charlie Chaplin delle comiche, è talmente smarrito da non capire neppure come si gira la maniglia per aprire la porta d'uscita. In tutto questo, Sokurov non fa mancare tocchi d'ironia (si veda la scena finale dell'imperatore con il vecchio cameriere), per un film che ci consegna un regista non solo esperto e geniale, ma anche maturo e sicuro di sé.

 

Un attore che non conoscevo, ma che qui offre una prestazione superlativa.

Aleksandr Sokurov

Con tutti i distinguo del caso, la Russia ha trovato il nuovo Tarkovskij, forse meno tormentato dai problemi religiosi e sicuramente meno dagli ostacoli della censura che sovieticamente si occupò del predecessore.

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