Regia di Anand Tucker vedi scheda film
«Come si fa a sentire la mancanza di una persona che si è tenuta a distanza proprio per non sentirne la mancanza?», si chiede più o meno Ray Porter, uno dei protagonisti di Shopgirl, quando, alla fine del film, incontra in una galleria di Westwood Mirabelle, la ragazza che mesi prima ha lasciato uscire dalla sua vita e che ora ha un nuovo fidanzato. E ogni tanto, la notte, Ray pensa a Mirabelle e Mirabelle pensa a Ray e magari si pensano nello stesso momento e, senza saperlo, sono in contatto. Amarognolo, ma non davvero amaro, come il romanzo di Steve Martin (anche autore della sceneggiatura) da cui è tratto, ricercatamente minimalista, vagamente hopperiano (Edward), ma come “lucidato” dallo smalto squillante degli artisti losangelini contemporanei, neon, colori, personaggi riquadrati nel loro isolamento con una certa tenerezza naïf, Shopgirl racconta la storia solitaria e silenziosa di Mirabelle, una brava ragazza del Vermont che fa la commessa da Saks a Beverly Hills, addetta al trascuratissimo reparto guanti, e dei suoi incontri con Ray, un cinquantenne che Martin (anche interprete) descrive come “un ragazzo che sta ancora combattendo con la sua vita amorosa”, e con il coetaneo Jeremy, uno svagato in via di maturazione. Elegante e controllato, poteva essere un film con un rigore alla Jarmusch; non ci riesce perché si intenerisce troppo su se stesso e sui suoi personaggi, analizzati più lucidamente nel romanzo.
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