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I giorni contati

Regia di Elio Petri vedi scheda film

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La recensione su I giorni contati

di ed wood
8 stelle

Opera tra le migliori di un regista comunque sopravvalutato, a mio modesto parere. Petri aveva ottime idee, intuizioni geniali, il gusto del grottesco e del paradossale (vedi anche "La Decima Vittima" e "Indagine su un Cittadino"), un disincanto impresso nei volti e nei gesti dei suoi personaggi...ma non sempre riusciva a tradurre con continuità, potenza e lucidità questi interessanti presupposti. Anche in Giorni Contati, che comunque resta un'opera da vedere e ammirare (se non altro per la convincente interpretazione di Randone, per lo stimolante excursus in una Roma inedita, per il pregnante esistenzialismo di fondo), si contano troppe battute a vuoto, troppi scompensi. Il modello è quello zavattiniano del pedinamento, la narrazione allentata ed episodica di matrice neorealista, accortamente movimentata dalle increspature nouvelle vague. La resa è altalenante: pagine alte (l'incipit e il finale, alcuni dialoghi, l'amaro incontro con la ex fidanzata e quello bizzarro col mercante d'arte) si alternano ad altre più spente (il rapporto ambiguo con la giovane condomina, il rogo dei manifestanti di borgata, la macchinosa preparazione della truffa), facendo calare ritmo ed intensità. Va dato atto comunque a Petri di aver saputo conciliare questioni sociali ed esistenziali in maniere particolarmente agevole. "I Giorni Contati", infatti, tratta lo spettro della Morte e la crisi di un'esistenza (e di un'epoca) non da una prospettiva astratta (come, ad esempio, in Bergman o Bresson), ma partendo da un dato storico-sociale di pura concretezza: il lavoro. Come G.M. Volontè, in "Indagine" si muove nei palazzi del Potere col la consapevolezza beffarda di chi ha saputo cogliere il paradosso che regola il vivere civile nella società contemporanea, Randone fa la stessa cosa, conscio di come il lavoro sia da una parte una zavorra ai sogni delle persone, dall'altra però una necessità, non solo economica: il lavoro è un modo per non pensare, per distrarsi, per non porre attenzione al vuoto delle nostre vite.

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