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Tutte le mattine del mondo

Regia di Alain Corneau vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tutte le mattine del mondo

di yume
8 stelle

Un omaggio alla musica francese del XVII e XVIII secolo, quella del misterioso Monsieur de Sainte Colombe e del suo allievo Marin Marais .

Dal romanzo di Pascal Quignard il film è un omaggio alla musica francese del XVII e XVIII secolo, quella del misterioso Monsieur de Sainte Colombe e del suo allievo Marin Marais .

L’ambientazione di minuzia calligrafica nel ricostruire interni ed esterni di un secolo così lontano e diverso dal nostro e la fotografia che con la luce scrive il canovaccio su cui si dispongono le note dell’ampia sezione sonora, tutto fa di questo film un evento insuperato da quasi trent’anni.

Il pretesto narrativo crea il nerbo robusto sul quale s’innestano lezioni di filosofia, di morale e di arte; i personaggi vivono la loro normale quotidianità, ma sono portatori di valori eterni, comunicano messaggi che vanno oltre il tempo e lo amplificano.

La musica fa da collante, tutto il film è percorso da magnifiche folate di musica barocca eseguita e in parte composta da Jordi Saval, e brani dei più famosi musicisti di quel tempo di sfarzo e miseria, oro e fango, successo e oscurità si alternano a lunghi momenti di silenzio, quello dell’habitat nella campagna francese che Monsieur de Sainte Colombenon abbandonò mai.

O quam cito transit gloria mundi” si addice all’ anziano gambista che dedica tutto il suo tempo al suo strumento e a ricerche musicali di tecnica e composizione che scrissero pagine importanti nella storia della musica.

Appartato, umbratile e alieno da glorie e prebende, Monsieur de Sainte Colombe fu una roccia nella sua determinazione a mantenere la musica intatta, hortus conclusus intoccabile dal mercimonio delle glorie terrene.

Uomo austero e profondo,chiuso nella spartana capanna di legno costruita in un angolo della sua fattoria, a suonare anche quindici ore al giorno, mentre le giovani figlie zappano e mungono mucche, al messaggero che lo invita a Corte a nome del Re quasi lancia addosso una sedia.

Al giovane Marin Marais che bello, biondo e trafelato, figlio di un calzolaio di cui odia l’odore di urina sulla pelle conciata, il battere del martello e le grida del padre, che ha perduto la voce bianca del coro a cappella con lo sviluppo ormonale (… poi mi sono cresciuti i peli sulle guance e sulle gambe, la mia voce si è rotta e sono stato sbattuto sulla strada come stipulato nel contratto del coro. Ho spinto il grande portone dorato per l’ultima volta. Mi sono messo a correre per la strada lungo la discesa che porta al greto, piangevo. La Senna era coperta da una luce immensa… mi sentivo solo, il mio sesso ingrossato pendeva fra le mie cosce… ) e arriva smarrito alla ricerca di sé, avendo deciso di diventare musicista, a chiedergli lezioni, dice di suonare nelle piazze e nei circhi, la musica è un’altra cosa e quella che lui suona non è.

Alle figlie che ama teneramente Monsieur de Sainte Colombe parla solo con la musica e un duo di viole da gamba si unirà spesso a lui nei freddi saloni del palazzo.

Su tutto risplende l’intatta purezza della musica, la voce di chi non ha parole, l’ombra dei bambini, la voce dei morti.

Courneau dispone sulla scena i personaggi seguendo lo schema di uno spartito che da una voce solista (quella di Marais che, anziano maestro di musica alla corte di Luigi XIV, ricorda il passato) aggiunge voci e crea contrappunti: il Maestro e la giovane, amata ed eterea moglie perduta di cui evoca l’ombra con Le tombeau des regretscomposto per lei, le figliolette che crescono miti e affettuose, Marin che porta il vigore maschio di un giovane che non rinuncia alla mondanità ma che saprà, un giorno, capire il suo Maestro.

I successi a Corte hanno coperto Marin di vestiti sontuosi, nastri, parrucche e borotalco, l’amore di Madeleine, la primogenita del Maestro, non gli è bastato e l’ha abbandonata.

Chiamato dal padre tornerà da lei malata gravemente dopo aver perso il loro bambino, e suonerà per lei.

Dopo l’ultimo incontro Madeleine saprà cosa fare di quei nastri che adornavano le belle scarpe che lui le aveva regalato e li stringerà al collo  uccidendosi.

In un finale ascetico per purezza di linee narrative, suoni e immagini, Marin Marais suonerà in memoria di Madeleine con Monsieur de Colombe il brano dedicato alla cara moglie, "les larmes".

Solo allora  Monsieur de Sainte Colombe chiederà a Marin di suonargli proprio " La Rêveuse ", il brano composto per Madeleine che ha trasportato il compositore, ormai anziano, sull'onda dei ricordi.

Un ultimo, intenso colloquio sull'essenza della musica, chiude il film con una promessa. Il Maestro che non aveva mai pubblicato le sue opere dona all'allievo il libro delle sue composizioni, Marais sarà il ponte verso il futuro perché l’umanità continui a gioire e in tutte le mattine del mondo la morte non abbia il sopravvento.

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 Interessante leggere quello che scriveva G.L. Rondi nel ’92, all’uscita del film:

E' un cinema, se vogliamo, per happy few, ma in questo momento di orge televisive e di macchinoni hollywoodiani indirizzati soltanto a reazioni epidermiche, è una splendida dimostrazione di quello che ancora si può fare con l'arte del film, specie se si opera sull'immagine. Nei panni di Marin Marais c'è Gérard Depardieu, prima bolso, segnato, appesantito dal successo, poi ferito e reso trasparente dalla crisi che lo riscatta. Saint-Colombe è Jean-Pierre Marielle, il segnale più scoperto nel suo rigore e nei suoi abiti da lutto e fuori moda, della citazione di Dreyer. La figlia che morirà per amore è Anne Brochet, una figurina dolente e squisita; a Marin Marais giovane dà volto lo stesso figlio di Depardieu, Guillaume. Non so però se diventerà come il padre." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 29 febbraio 1992)

 Guillaume Depardieu non ha avuto tempo di diventare come il padre. Morto a 37 anni dopo una vita disperata, nel film è il giovane e raggiante Marin Marais, musicista celebre di età barocca vissuto alla corte di Versailles fra agi e onori. Meglio ricordarlo cos.

 

 

www.paoladigiuseppe.it

 

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