Regia di Sergej Bondarchuk vedi scheda film
Non conosco moltissimo dell'opera di Bondarchuk, ma, per dirne una, a me il suo Waterloo (1970) non era dispiaciuto. Allora, Dino De Laurentiis aveva chiamato il regista sovietico, conoscendone le capacità di manovrare ingenti masse di comparse, dimostrate con la direzione della saga di Guerra e pace. Qui la situazione è più o meno la stessa, con Bondarchuk che, negli ultimi anni dell'era brezneviana, si accinge ad una megaproduzione celebrativa della Rivoluzione d'ottobre. La celebrazione avviene attraverso la breve vita e l'opera entusiastica del giornalista americano John Reed, pacifista e progressista, convertito al bolscevismo durante gli entusiasmanti giorni di Pietrogrado. Nonostante le dimensioni mastodontiche del film, non c'è spazio per grandi dubbi in I dieci giorni che sconvolsero il mondo, le cui vicende ricalcano, grosso modo, quelle di Reds (1981) di Warren Beatty, uscito non molto tempo prima. In ossequio all'ideologia normalizzatrice dell'epoca Breznev, i due rivoluzionari Kamenev e Zinovev sono già bollati (nell'ottobre del 1917!) come traditori della rivoluzione, mentre ancora nel 1924, alla morte di Lenin, guidavano il partito bolscevico insieme a Stalin. Quest'ultimo trama ancora piuttosto defilato, mentre la figura centrale della rivoluzione è ancora quella di Lenin.
Franco Nero nella parte del protagonista è scialbo, mentre Sydne Rome in quella della sua compagna Louise Bryant sembra piuttosto uno scherzo di cattivo gusto. Figuranti somiglianti sono invece gli attori sovietici, scritturati per impersonare gli eroi del bolscevismo. Al tirar delle somme, il film di Bondarchuk, se ideologicamente somiglia a un carro armato T-40, dal punto di vista spettacolare non è che una tigre di carta.
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