Regia di Giorgio Bianchi vedi scheda film
Un'ottantina di minuti a cavallo fra dramma e commedia, con un protagonista (Vittorio De Sica) all'altezza della situazione; una situazione creata in maniera sufficientemente ispirata da Aldo De Benedetti e Cesare Zavattini, sceneggiatori, e lontana dal neorealismo della ricostruzione, dei bombardamenti, del Paese ferito; ma affine ad esso per quanto riguarda il ritratto domestico, intimo di una famiglia non ricca e quindi indifesa. L'unica difesa dei meno abbienti, anzi, pare quella classica del contrattacco: adeguandosi agli standard sociali ('il mondo vuole così', del resto), cioè truffando gli altri e vantandosene, il travet Paolo Morelli può uscire vincitore dalla faccenda. E questa morale altro non è se non una sapiente anticipazione di quanto sta per accadere nel cinema italiano del futuro prossimo, ovvero della cosiddetta commedia all'italiana (nella beffarda dichiarazione finale di Morelli c'è tutta l'incarognita carica eversiva di un futuro Sordi). La trama, certamente, non è nulla di che ed i personaggi sono tutti un po' approssimativi, ma la storia funziona e sicuramente una conclusione simile - moralmente discutibile, diciamo - non dovette piacere granchè alla severa censura in voga in quegli anni. 5,5/10.
Impiegato di banca si vede accusato di furto (3 milioni di lire) dal suo capo: non potendo nemmeno permettersi un buon avvocato, sconta 5 anni di galera. Ma è innocente. E all'uscita viene rispettato per il bottino che la gente crede che lui ancora nasconda. A quel punto, tanto vale rubare per davvero...
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