Regia di Maurice Pialat vedi scheda film
Jean/Jean Yanne e’ un regista di 50 anni, ha intrapreso una relazione con una ragazza di 20 graziosa e dolcissima Catherine/Marlene Jobert, la donna e’ dotata di infinita calma e buon senso, lui invece uomo prepotente ed egoista. Questo film è la storia di questa relazione. Tratto da un romanzo dello stesso regista Maurice Pialat, il film è molto originale e diverso dai film classici che ci siamo abituati a vedere, la telecamera sta sempre addosso ai due protagonisti, con lunghi piani sequenza, primissimi piani e dialoghi, molto concisi, sembra quasi il tutto a taglio documentaristico, per quanto e’ realistico . Il protagonista è sposato con Francoise/Macha Meril da undici anni e ha la relazione con Catherine da sei anni. Un uomo egocentrico, brutale e con un carattere odioso. Catherine al contrario e’una ragazza molto raffinata e posata, totalmente innamorata di lui tanto da nascondere il suo orgoglio, che lui ferisce di continuo, ma si sa quando si ama e’ così. Ci sono molti episodi, sia pubblici che nella loro intimità, in cui lui la tratta male e la rimprovera sempre. Questi episodi si susseguono in continuazione, fino a quando Catherine stanca della relazione, decide di sposare un altro. Solo allora Jean si rende conto di cosa ha perduto e tenta di riconquistarla, promettendo di lasciare la moglie per sposare lei , sarà troppo tardi, la ragazza non acconsente ed in un mesto finale in macchina gli dirà che non torna indietro nella decisione presa , perché si rende conto che questo legame malato finirebbe per distruggerla e sfinirla psicologicamente. Trattasi di un acuta e delicatissima analisi dei sentimenti, questo è un film di sensazioni, non c’è la storia classica. Pialat muove la mdp in modo sperimentale, talmente realistico, che il filmato non sembra più fiction, ma vita vera, vissuta e sofferta. Punta tutto sull’autenticità delle situazioni, con dialoghi efficaci e pertinenti, non una parola fuori posto, il tutto sembra vissuto, non recitato. A volte il ritmo ne risente e ingenera stanchezza nello spettatore, però il regista penetra in modo profondo nei meandri dell’animo umano, come raramente si vede. Riesce a mettere in evidenza la morbosa pericolosità di un rapporto contorto, nel quale la donna per amore accetta di non essere più una persona, ma un oggetto in mano all’uomo. Pialat questo stato lo rende bene e lo fa capire in modo sublime. Il linguaggio a volte è molto forte, per quei tempi, ma il regista lo fa per estremo realismo. Bello il finale sulle rive del mare con un primissimo piano intensissimo di Marlene Jobert, sui titoli di coda. Per chiudere una notazione doverosa, Marlene Jobert negli anni 70 giro’ due film straordinari: Ultimo domicilio conosciuto, invero del 1969 e L’uomo venuto dalla pioggia, straordinario thriller. Dopo il matrimonio e le nascite delle sue figlie gemelle(una delle due la bellissima Eva Green anche lei ottima attrice ) si ritiro’ dal cinema, però divenne una scrittrice di libri per ragazzi e fiabe. Macha Meril, la moglie del protagonista invece giro’ nel 1975: Profondo rosso di Dario Argento, era la medium che veniva assassinata all’inizio, ma questo è un altro film, un altro genere, un’altra storia.
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