Regia di Isidore Isou vedi scheda film
Isidore Isou quando dirige questo film è ancora un giovane 26enne di belle speranze e si vede dal suo entusiasmo per le novità colmo di “sacro fuoco” debordante e sproloquiante e dalla sua arroganza (il film inizia con la presentazione di tutti i suoi scritti come curriculum e con l’elencazione dei grandi del cinema del passato rispetto ai quali si auto dichiara loro pari – e forse anche un gradino più in su: d’altro canto lui ci dice che già sa che cambierà il mondo) che lo rende non propriamente simpatico oltre che fortemente sessista (le donne, che nei suoi racconti cadono costantemente ai suoi piedi nonostante/ giacché lui le tratti malissimo, sono, per sua stessa affermazione, una perdita di tempo rispetto a obiettivi più grandi).
Il film/manifesto di ispirazione dadaista è diviso in tre parti: nella prima viene riportato il resoconto sonoro di un dibattito dove si definiscono i criteri fondanti del “cinema discrepante”, vale a dire con un narrato che diventa centrale a discapito dell’immagine che resta slegata dal contesto (qualcosa del genere faranno poi anche Straub e Huillet, secondo me con più ben più eleganza), sopra a immagini di palazzi (in realtà un collegamento può ancora trovarsi: all’inizio si vede il protagonista - ovviamente il regista stesso - uscire dal cineforum, quindi può essere quello che vede mentre rievoca nella sua mente il dibattito). Nella seconda parte, dove si offre un esempio pratico di tale tecnica, il regista narra le sue prodezze amorose sopra immagini di repertorio via via sempre più trattate (cancellature, capovolgimenti, inversione del senso della pellicola.. il suo lavoro sull’immagine influenzerà, tra gli altri, Stan Brakhage) con sporadici collegamenti tra audio e immagini (ad esempio compaiono i protagonisti quando sono citati e quando la voce off dice che il protagonista è “bouleversé” dal comportamento di una ragazza, la sua immagine sullo schermo si capovolge per la prima volta). Nella terza parte si parla del lettrismo (che già componeva buona parte della colonna sonora del film), una corrente (creata sempre da Isou) analoga cinema discrepante, dove sono le parole ad essere spogliate di senso a vantaggio delle lettere in quanto tali: durante la lettura delle poesie l’immagine diventa una sorta di pannello scorrevole completamente astratto (salvo fulminei inserti di numeri e scritte in sovraimpressione) ed è in questa parte priva di concretezza sia sonora che visiva che bizzarramente si trova l’unico momento di sincrono tra le due parti.
Un’opera quindi ridondante, di parole come di spunti, divenuta giustamente di riferimento per meglio capire un periodo del pensiero, o il pensiero di un periodo, che dir si voglia.
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