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I vizi morbosi di una governante

Regia di Filippo Walter Ratti vedi scheda film

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La recensione su I vizi morbosi di una governante

di undying
2 stelle

Tardivo giallo gotico italiano girato (e soprattutto scritto) con la mano sinistra. Privo di momenti thriller, senza alcun approfondimento erotico e con un risvolto whodunit a dir poco deludente.

 

 

Leandro è un minorato mentale che ha, come passatempo, il discutibile vizio della tassidermia, operando con "talento" sugli animali. Nel castello in cui vive, giunge -al seguito di un variegato gruppo di amici- la contessa Ileana (Isabelle Marchall), figlia dell'anziano e malato padrone di casa. Una strana catena di omicidi ha inizio, con lo scopo di arrivare ad appropriarsi dei beni di valore (e soprattutto di una eredità). La tenuta è dunque frequentata da personaggi di varia umanità: tra questi un trio d'assassini, che tenta di addossare la responsabilità dei delitti sullo strano, ma innocuo, imbalsamatore. Un ispettore (Corrado Gaipa) avvia una lunga e complicata indagine, per potere risalire all'identità dell'assassino.

 

 

Non c'è da stupirsi più di tanto se Filippo Walter Ratti (autore del precedente, ben migliore, La notte dei dannati) abbia optato in questa circostanza per restare ben celato dietro lo pseudonimo di Peter Rush. Da una caotica sceneggiatura opera di Ambrogio Molteni (anche regista della seconda unità) ne esce un film confusionario, un po' gotico (tema tardivo nel 1977), meno giallo e -in barba al titolo- per nulla erotico. Gli attori si muovono in un contesto impossibile, costretti a pronunciare dialoghi mediocri e ad interpretare personaggi senza alcuna identità. Diventando impossibile empatizzare con ciascuno di loro, già dopo i primi dieci minuti di visione, del film, non importa più nulla.

 

 

Una mal realizzata scena shock (con estrazione di bulbi oculari, un tormentone dell'epoca) e l'inefficace colonna sonora dell'altrove bravo Piero Piccioni sono i punti più alti raggiunti da una pellicola davvero priva di interesse. Basterà dire che il caratterista Corrado Gaipa, nel ruolo dell'investigatore senza nome, rappresenta uno dei pochi motivi che permette di tenere gli occhi aperti durante la visione.

 

 

Giusto per curiosità si può aggiungere che è stato girato a Roma nel Castello Massimo di Arsoli con interni realizzati anche al Palazzo Borghese di Artena, ovvero in location già ampiamente sfruttate (ad esempio nel polselliano L'amante del vampiro e ne Il boia scarlatto di Massimo Pupillo). Hai voglia di rivalutare il cinema bis italiano, in questo specifico caso diventa impossibile sostenere un giudizio critico che vada oltre l'insufficienza.

 

 

"Chi crede che con il denaro si possa fare di tutto è indubbiamente pronto a fare di tutto per il denaro." (H. Beauchesne)

 

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