Regia di Emimmo Salvi vedi scheda film
Fra Alì Babà e una preziosa corona d'oro si intromette il terribile tiranno Mustafà; catturato, il nostro eroe trova la fuga grazie alla bella Loto, che farà sua - ma solamente dopo aver sconfitto Mustafà.
Il solito prodottino a basso costo e modestissima resa che in quel periodo facilmente si ritrovava nelle piccole sale di proiezione provinciali, destinato a intrattenere un vasto pubblico di poche pretese a cui azione, avventura, un pizzico di esotismo (piuttosto farlocco, si capisce) e un lieto fine garantito bastavano e avanzavano per tirar fuori dal portafogli la cifra del biglietto: Le sette fatiche di Alì Babà non è niente di più, nè di meno di questo. Di meno, anche se potrebbe non sembrare, sarebbe pure fattibile: Emimmo Salvi - mestierante non fra i migliori, va rilevato - dirige in maniera piatta, ma non disastrosa una storia adeguatamente monocorde con un cast composto per lo più da seconde e terze linee del cinema nostrano di quegli anni, fra le quali vanno ricordati senz'altro Bella Cortez, Furio Meniconi, Amedeo Trilli, Salvatore Furnari e, nei (pochi) panni del protagonista, il persiano Iloosh Khoshabe, accreditato sui titoli di testa come Rod Flash Iloosh. Siamo insomma dalle parti della serie C, ma non della serie Z. Il ritmo va e viene, la sceneggiatura scritta dal regista insieme ad Ambrogio Molteni e a Benito Ilforte (bizarro e riconoscibilissimo pseudonimo dietro cui si celava il vulcanico Gian Carlo Fusco) è piuttosto banale, priva di spunti originali; la recitazione, come si sarà intuito, lascia qua e là a desiderare. Opera seconda di Salvi (a poca distanza da Vulcano, figlio di Giove, uscito sempre nel 1962), che d'altronde non crescerà artisticamente nel successivo lustro, proseguendo a frequentare per un'altra manciata di titoli il cinema di genere disimpegnato ai massimi livelli e visibilmente low-budget. 2/10.
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