Regia di Lasse Hallström vedi scheda film
Attraverso il volto degnamente invecchiato di Redford e quello ben sfigurato di Freeman, opportunamente contornati da un ottimo scenario, si svolge una storia di risentimentento ed incapacità al perdono. Una durezza di superficie, però, che man mano si scioglie tramite la giovane nipote, arrivata con la madre a chiedere aiuto, come ultima spiaggia.
Il film gira attorno a un ceppo di pietra, luogo di riposo del corpo del giovane figlio-marito-padre, la cui morte prematura segna la vita dei protagonisti.
E gira attorno alla figura del magnifico orso, che tempo prima aveva assalito il co-protagonista Freeman, rendendolo fortemente inabile e sofferente. Prima catturato. Poi liberato, da nonno e nipote per renderlo a quella che è la sua natura.
Essere prigionieri, di un risentimento, di un errore, di una mancanza o per mano dell'uomo, è una condizione alla quale opporsi in ogni modo.
Belle alcune inquadradure, attraverso le finestre, attraverso il portico, attraverso le sbarre.
Film gradevole, con ottime interpretazioni anche se tutti i tasselli, prevedibilmente, tornano alla fine a comporre un puzzle perfetto, forse troppo perfetto.
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