Regia di Curtis Hanson vedi scheda film
Curtis Hanson è tra i pochi registi che a Hollywood ancora crede nel cinema dei personaggi, delle storie, nel cinema che si costruisce lentamente (non significa praticare un cinema lento e tedioso) con dettagli, dialoghi, scene di passaggio, raccordi che esplorano il plot. La complicità, l’interdipendenza, il dissidio, l’emulazione, lo scacco emotivo e la lacerazione tra due sorelle sono materie affascinanti e difficili per lo schermo. La fisiologia del rapporto sororale deborda facilmente nella patologia psicanalitica. È un tema che richiede una buona sceneggiatura, personaggi-modello strutturati e conosciuti, un cast credibile, una regia accorta e sensibile a tenere sotto controllo la temperatura emotiva, a condensare e diluire gli slittamenti del rapporto. La commozione e la punteggiatura brillante. Maggie e Rose, orfane di madre, hanno un padre “catatonico” e una matrigna odiosa. Non si somigliano affatto. Instabile, irrisolta, promiscua, la prima. Controllata, professionista realizzata, romantica, la seconda. Si sopportano, ma non potrebbero vivere l’una senza l’altra. La crisi si consuma per un fidanzato di passaggio. Sarà la scoperta di una nonna (MacLaine) in Florida a placare le fragilità, a riallacciare il cordone ombelicale del romanzo familiare.
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