Regia di Liev Schreiber vedi scheda film
Questo "Ogni cosa è illuminata" è una piacevole scoperta, merita una segnalazione positiva pur non essendo un film che passerà alla storia, è diretto con molta partecipazione e con un talento registico tutt'altro che disprezzabile dall'attore Liev Schreiber, che purtroppo, visto il fiasco al botteghino e l'accoglienza critica non proprio entusiastica in America, non ha diretto altri lungometraggi da allora. Il film è tratto da un romanzo di Jonathan Safran Foer che invece ha riscosso molti apprezzamenti, tanto che la critica americana non ha perso l'occasione di definire il film un adattamento troppo semplificato e inadeguato rispetto alla pagina scritta. Personalmente, non avendo letto il libro, mi limito a giudicare il film per quello che è, una commedia on the road che affronta temi importanti come il valore della memoria storica, l'incontro di culture differenti con un ebreo americano che si trova catapultato in un'Ucraina dai personaggi un po' sopra le righe, che sembrano usciti da un film di Kusturica. L'approccio di Schreiber alla materia narrativa è esuberante, a tratti forse eccessivo nel partito preso di voler stupire lo spettatore, ma con buone intuizioni cinematografiche in una scenografia naturale coloratissima che è stata trovata nella Repubblica ceca. E' un percorso iniziatico alla scoperta delle proprie radici, con l'occhialuto Jonathan che impara a rapportarsi in maniera differente al mondo e ai propri simili dopo aver incontrato l'anziana Augustina che gli racconta il triste periodo delle stragi naziste e dell'antisemitismo in Ucraina, a cui suo nonno riuscì a scampare per un soffio. Il film si divide tra una parte da commedia caciarona che ha ricordato a tutti l'esempio di "Train de vie" di Radu Mihaileanu, e alcune scene più intimiste e riflessive dove la psicologia dei personaggi è disegnata con mano elegante, anche se non si sfugge a qualche ovvietà. Buona prova di Elijah Wood, che avevo un po' perso di vista dai tempi del "Signore degli anelli", qui efficace nel giocare di sottrazione con il suo Jonathan che sembra inconciliabile con la realtà circostante, così come è da segnalare almeno Eugene Hutz nella parte di Alex. Io avrei dato a Liev Schreiber una seconda possibilità come regista.
voto 7/10
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