Regia di Liev Schreiber vedi scheda film
Dopo 30’ il film sembra avviato a raccontare un’avventura picaresca in stile “tre uomini in auto (per tacer del cane)”: le differenze sociali e culturali fra l’americano ingenuo e gli ucraini furbi producono scenette divertenti, ma insomma non è quello che ci si aspetterebbe. Poi, quando già mi stavo rassegnando ad assistere a una riedizione di Train de vie, ecco che il tono si fa serio e il livello si impenna: dal momento in cui i tre incontrano l’unica sopravvissuta alla strage del villaggio comincia la storia vera, in un crescendo di tensione che tocca il vertice nel flashback della fucilazione. E alla fine l’anziana e il giovanotto, pur senza mai essersi visti prima, si riconoscono simili: due “collezionisti”, due custodi di memorie, in un ideale passaggio di testimone. Schreiber, che era già un bravo attore, qui si dimostra anche un regista capace: il film ha varie imperfezioni, ma è interessante; inoltre, a differenza di altri prodotti del filone, la confezione hollywoodiana non è invadente e si intravede la sincerità delle intenzioni.
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