Regia di Liev Schreiber vedi scheda film
L'importanza della memoria (che non va trasfigurata in preponderanza o sostituita da quella malattia detta nostalgia) attraverso un viaggio, nello spazio e nel tempo, nell'umanità e nei sentimenti, negli oggetti e nel loro ruolo nella nostra vita. Talvolta Schreiber calca un po' la mano sul patetico (il casualissimo collezionismo sconfina in quella malattia, in quel disagio di cui sopra), ma quello che ha in mente è ben definito: la 'luce del passato' che illumina ogni cosa ha un valore innanzitutto di monito verso sè stessi e di guida attraverso il buio dell'ignoranza, dell'oblio, dell'occultamento più o meno volontario di ciò che il passato è stato e tuttora è. Bella fotografia, belle caratterizzazioni, dialoghi che riescono quasi sempre a rimanere lucidi nonostante la brezza filosofeggiante che aleggia. Fastidioso neo, la perniciosa colonna sonora folk-zingaro-esteuropea che in questi anni tanto fa chic.
Uno studente americano va in Ucraina, alla ricerca delle radici della propria famiglia. Il nazismo però ha cancellato (quasi) ogni traccia della comunità ebraica dove suo nonno viveva.
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