Regia di Martin Rosen vedi scheda film
Piccolo capolavoro di animazione. Evocativo oltre ogni immaginazione, gioca con i disegni, con le metafore, con i ruoli. Dopo un breve incipit quasi naif e per certi versi noioso che racconta la genesi della razza dei conigli e il suo destino (che, pessimisticamente, è quello di essere uccisi), il tratto cambia ed inizia la storia vera e propria. Ciò che spiazza in questo film d'animazione è la pragmaticità sferzante che emerge da tratti propri dei film d'infanzia. Scene efferate e sanguinolente, inseguimenti claustrofobici all'interno di stretti cunicoli, il segnare con marchi di sangue i membri appartenenti alla Ausla (comparto militare dei conigli), la struttura gerarchica e dittatoriale della stessa che ricorda i campi di sterminio tedeschi (sarà anche l'assonanza col nome di un'eroina del cartone: Kaisentlaia), la capacità di capire il nemico senza stigmatizzarlo (è il caso dell'attacco da parte degli uomini alla conigliera che porta uno dei protagonisti ad affermare che l'uomo distruggerà tutto e ricevere in risposta un saggio "non ce l'avevano con noi, quel posto gli serviva"), l'evocazione della divinità dei conigli (Fritz) che come quella cristiana si limita a "rispondere" a chi la prega ma non scende a patti con nessuno, la necessità di costituire una società non solo pulita e libera ma produttiva. E' il primo cartone animato, a mia memoria, dove la "femmina" viene trattata non dal punto di vista sentimentale ma da quello meramente riproduttivo, le coniglie vanno liberate a costo della propria vita perché servono a creare una comunità futuribile ma nessun sentimento emerge mai nemmeno quando la storia sembrerebbe richiederlo a gran voce (parlo di Parruccone e Kaisentlaia). Il finale buonista è forse l'unico difetto di banalità di questo stupendo cartone.
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