Regia di Jean-François Richet vedi scheda film
Un poliziotto caduto in disgrazia si ritrova a capo di un distretto, il tredicesimo, che al colmo della sfortuna deve sbaraccare entro la notte di Natale. Tra i suoi ospiti “sgraditi” un boss arrestato dopo l’omicidio di un poliziotto, avvenuto in circostanze sospette. Com’è, come non è, tutti quanti, guardie e ladri, si ritrovano a un certo punto assediati da “nemici” senza volto pronti a radere al suolo quel che resta del commissariato. Il regista francese Jean-François Richet (Ma 6-T va crack-er) dirige - molto bene - il remake del classico di John Carpenter. Che resta un capolavoro inarrivabile, e infatti funziona solo come spunto, come modello “western” al quale ispirarsi. Il nuovo Distretto 13 parla il linguaggio acre della rivolta periferica, inquadra personaggi stereotipati (lo sbirro “ferito”, il gangster “seducente”, la donna “redentrice”) e li fa interagire secondo coordinate spiazzanti. Chi sono i cattivi, in realtà? Tutti. O nessuno. Atmosfere da solidissimo B-movie americano filtrate però da una sensibilità (anche “ideologica”) molto europea, se è vero - come è vero - che anche il produttore Pascal Caucheteaux è francese come il regista. Nulla di trascendentale, ma cinema comunque con i muscoli e tutti i puntini sulle “i”. Ottimo il cast, Brian Dennehy in testa.
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