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Tutti i battiti del mio cuore

Regia di Jacques Audiard vedi scheda film

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La recensione su Tutti i battiti del mio cuore

di FilmTv Rivista
10 stelle

Il titolo originale È un altro, suona piÙ o meno come “il mio cuore ha smesso di battere”. Giusto in quell’attimo di sospensione, quando il cuore non batte, si sprigiona qualcosa. È come trattenere il respiro: stai per cominciare a suonare il pianoforte a un’audizione, sei solo davanti a chi ti passa al setaccio e non riesci a tirare il fiato. Chi non respira muore, ma forse non è così per il protagonista del nuovo film di Jacques Audiard. Si chiama Thomas (Romain Duris), è un poco di buono, un picchiatore di squatter e di poveracci asserragliati nelle case vuote, quelle che poi, a Parigi, basta un niente perché prendano fuoco. Ma in quel momento in cui si trattiene il respiro, e il cuore non batte, Thomas è anche un pianista, o vorrebbe esserlo, come la madre morta. Non è bravo e prende lezioni. Da una immigrata cinese, una che altrimenti avrebbe cacciato a calci da un appartamento. Lei non parla che il cinese, quindi per capirsi suonano. E le sue note sono lo specchio di un’anima. Impulsiva e violenta. Tutti i battiti del mio cuore è il remake del grande esordio di James Toback, Rapsodia per un killer con Harvey Keitel, ma è parecchio stravolto rispetto all’originale. Come per il precedente Sulle mie labbra, Audiard e lo scrittore-sceneggiatore Tonino Benacquista amano e frequentano le zone franche delle relazioni sociali, quelle dove i figli di diverse emarginazioni non si capiscono e trattengono il respiro finché trovano un linguaggio comune. Imparano a leggere le labbra, o a leggere le note... Benacquista torna ai drop-out che ama, quelli raccontati nel suo capolavoro letterario La commedia des ratés, la “commedia dei falliti”. Audiard trasforma questa nuova mitologia del fallimento dell’amico collaboratore in cinema “umanistico”. Sceglie il punto di vista più sgradevole, quello di Thomas, e costringe lo spettatore a seguire il suo percorso attraverso il dolore, la morte, la violenza, la musica. Inutile cercare redenzione, perché anche di fronte alla bellezza si è immobili e sporchi di sangue, come Thomas nel finale. E sono questa amarezza di fondo e questa cupezza dei toni a fare male. Non è un film facile Tutti i battiti del mio cuore, proprio perché non permette di fuggire dalle sfumature noir. Ma è il giusto racconto di un tempo vile e cinico, dove l’eroe è al massimo un sopravvissuto.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 46 del 2005

Autore: Mauro Gervasini

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