Regia di Jacques Audiard vedi scheda film
Thomas conduce un’esistenza sordida e priva di orizzonti: fare affari loschi in campo immobiliare, amoreggiare con la moglie di un amico fedifrago, tirare suo padre fuori dai guai in cui si caccia regolarmente. Le cose per lui potrebbero cambiare quando un impresario musicale, che era amico di sua madre, gli prospetta la possibilità di un’audizione: da ragazzo era stato una promessa, ora è arrugginito, ma decide di prepararsi seriamente prendendo lezioni private da una pianista cinese. Gli impegni si accavallano, gli fanno trascurare il lavoro, e la tensione sale (sottolineata dal ritmo scattante e dal montaggio nervoso): sembra che Thomas si trovi dentro una pentola a pressione, e infatti non regge fino in fondo; ma due anni dopo avrà una rivincita. Come nel precedente Sulle mie labbra (con cui questo film condivide i problemi di comunicazione verbale dei protagonisti) Audiard imposta benissimo la storia, rende interessanti i personaggi, poi ha grossi problemi quando si tratta di tirare le fila: lo schematismo latente nella consueta opposizione tra vita e arte trova sbocco in un epilogo che è un concentrato di assurdità, frettoloso e inverosimile. Peccato, perché fino a quel momento il giudizio era positivo.
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