Regia di Cédric Klapisch vedi scheda film
Inutile sequel di L’appartamento spagnolo: non racconta i successivi sviluppi dei personaggi, ma si limita a mostrarli immersi anche da trentenni nella loro fatua immaturità di sempre. Viene meno la mescolanza linguistica che costituiva una simpatica peculiarità del film precedente: inglesi, francesi, spagnoli sono tutti omologati dal doppiaggio, solo i russi si differenziano (ma questa volta i loro dialoghi, chissà perché, non vengono sottotitolati). Bisogna digerire due inverosimiglianze grosse come case: che alcune persone conosciutesi in una singola circostanza finiscano poi per ritrovarsi continuamente e che pressoché tutte le esponenti del genere femminile (ex fidanzate, commesse di negozio, amiche del cuore, bariste, modelle celebri) vogliano infilarsi nel letto di Romain Duris; il tentativo di trasformare quest’ultimo in un Antoine Doinel del 2000 è penoso. Inoltre la struttura narrativa ha scompensi inaccettabili: il personaggio di Audrey Tatou a un certo punto sparisce senza che ci venga detto nulla (anche se non se ne sente la mancanza, intendiamoci). Qualche guizzo lo procura Cécile de France: la scena in cui è costretta a fingersi eterosessuale, anzi oca giuliva, è l’unica in cui si ride.
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