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Il giocattolo

Regia di Giuliano Montaldo vedi scheda film

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La recensione su Il giocattolo

di OGM
8 stelle

Questo film dipinge, con tratto sensibile e quasi timido, la fragilità della gente comune nel quadro di un ambiente urbano  percepito come invadente ed aggressivo. Nella modesta esistenza del ragionier Vittorio Barletta, dai contorni labili e incerti, la pistola irrompe come l'unico elemento di solidità e di forza: gli basta provare ad usarla, grazie all'amicizia con un poliziotto, per veder aumentare di colpo la propria autostima. La sua mascolinità mortificata, sul lavoro e nella vita coniugale, acquista così un nuovo ed inatteso vigore; tuttavia, il gioco del giustiziere si rivela ben presto molto più grande di lui. La sua crescente passione per le armi si trasforma in un'escalation narcisistica, talmente appagante sotto il profilo psicologico da non farlo recedere nemmeno quando la sua fama di freddo sparatore lo espone a minacce sempre più pesanti e concrete. Il "giocattolo" è un feticcio metallico che attira, intorno a sé, altre mostruose presenze, fatte di fuoco (gli attentati che subisce), di carne (gli approcci sessuali delle donne del suo entourage) e di parole (le lettere e telefonate minatorie). Sono questi gli elementi di un grottesco show, di cui Vittorio si compiace di essere protagonista; lo scudo di virilità "cinematografica" che si costruisce addosso finisce, però, per estraniarlo dal suo mondo, distruggendo i suoi rapporti con le persone che gli sono più vicine. La sua tragica involuzione morale sembra voler riproporre, in chiave egocentrica, quella di "Un borghese piccolo piccolo". Al dolore di un padre si sostituisce qui la frustrazione dell'uomo: Vittorio non è ferito negli affetti, bensì nell'orgoglio, e, di conseguenza,  le rinnovate provocazioni non fanno altro che alimentare la sua determinazione, stimolandolo a perseverare nella sua inebriante alienazione.

Il realismo di Giuliano Montaldo è una sostanza grezza e friabile disciolta nell'atmosfera acquosa e tremolante della quotidianità. Nino Manfredi la interpreta con la sua solita, elegante genuinità, che lo rende capace di far brillare, con naturalezza, anche il volto sbiadito e languido del disincanto.

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