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Enron - L'economia della truffa

Regia di Alex Gibney vedi scheda film

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La recensione su Enron - L'economia della truffa

di lamettrie
10 stelle

Un eccellente documentario. Il suo contenuto è già storia: affresca tanti aspetti del capitalismo che da più di 40 anni imperversa senza reali contrasti dapprima negli Usa, poi nell’occidente da esso controllato, infine nel mondo intero dalla fine del comunismo.

Grande ritmo. Eccellente il montaggio, che è basilare per cucire i materiali che devono essere veri, trattandosi di un documentario. E lo sono, e di ottima qualità, per attendibilità e utilità alla comprensione.

«Il governo non risolve i problemi: è lui il problema». Questa asserzione agghiacciante di Reagan è un manifesto della cosa pubblica asservita a pochi ricchi. Il presidente americano dall’80 all’88 (qui presente, assieme a Schwarzenegger, esempi di ottimi attori e pessimi politici; del resto il loro lavoro non permetteva assolutamente loro di avere una preparazione adatta alla grande responsabilità pubblica, ma di essere solo dei burattini bravi a recitare per i loro ricchi padroni, come è successo) dice anche: «Uno Stato diventa grande non per i suoi meriti…ma perché crede nella magia del mercato». Infatti alla Enron basano i prodotti finanziari, da vendere, sui profitti immaginari del futuro, come se tali profitti fossero certezza. Ma allo stesso tempo negano i reali fallimenti. I mali di questa finanzia creativa non hanno insegnato nulla, anche perché volutamente e colpevolmente nascosti, da chi li ha commessi e dai loro servi della stampa (che fan carriera solo perché leccano i piedi ai primi): nel 2007 la crisi sarà innescata dai derivati, che promettevano guadagni non su qualcosa di reale, ma sulla scommessa che ci sarebbero stati altri guadagni. Intanto gli “analisti”, gli esperti finti indipendenti, si fanno comprare, per scrivere ciò che conviene a chi li corrompe; e ancora adesso si va avanti così, con le stime (ad esempio persino sui bilanci statali) basate sulle valutazioni di agenzie di rating che si fan pagare da chi dovrebbe essere giudicato da loro. Quale imparzialità!

Trattiamo ora della deregulation selvaggia: Enron era in prima fila per pagare (non si sa se solo in modo lecito) i politici per farla galoppare. L’assenza di controllo statale sull’economia è stato piena con Bush, che era intimo con i capi della Enron che pagavano le sue campagne elettorali, e che lo trattavano da pari a pari, se non come un inferiore. Ma anche con i democratici era lo stesso: lo Stato è completamente asservito a pochissimi privati ricchi e (come il film di Gibney mostra dati alla mano) ladri nel vero senso della parola. Infatti questa è una storia della consapevole, crescente condotta criminale, adottata perché portava più denaro: non certo per ignoranza, quindi. Non è un caso che i reali protagonisti possano dire: «I soldi sono l’unica cosa che motiva la gente»; «Puntiamo su avarizia e competizione»; « La nostra cultura è dura e aggressiva ». Il documentario, infatti, testimonia anche questa realtà: il 10-15% degli impiegati doveva essere licenziato ogni anno, a prescindere, solo per terrorizzare tutti a essere completamente proni ai voleri della dirigenza. I quali creavano un illusorio clima di entusiasmo, di eccitazione per i continui guadagni, con cui si voleva convincere il mondo e sé stessi che non ci sarebbe mai stato nessun problema e nessun calo: tale crescita indeterminata era solo frutto dei propri superiori meriti. Altra menzogna classica del capitalismo, che invece permette facili scalate solo con l’illegalità, come anche qua si arguisce. Per l’appunto, fanno tritare tonnellate di documenti al giorno, per impedire ai giudici l’accertamento della verità. Han mandato sul lastrico migliaia di dipendenti, oltre che di azionisti e risparmiatori ingannati fino all’ultimo. A tal punto che i capi vendono le azioni della loro stessa società prima di nascosto, poi pubblicamente; ma impediscono ai dipendenti di venderle, e han già corrotto organismi di controllo e di stampa per ritardare la conoscenza della verità più a lungo possibile. «Quel che facevo era indecente… Non facevo domande solo perché sapevo che le risposte erano la verità che non volevo sentire direuel che facevio era indecente…non facedvo domande solo perché sapevo che le rsipsyte ».

Infine il male delle privatizzazioni, altro pezzo del loro ricchissimo impero criminale; un politico che ha dovuto battersi contro Enron e la sua privatizzazione dell’energia elettrica in California, può dire: «Non si può fare il mercato completamente libero dell’energia…è terribilmente caro per i clienti». La libera concorrenza, senza controllo pubblico, questo ha portato, anche in Italia: prezzi più alti e servizi più scadenti, anche tramite il tacito accordo di cartello fra le grandi imprese, le sole che possono gestire quelle reti gigantesche, e che si mettono d’accordo in modo fraudolento per spartirsi la torta in pace. E che il servizio privato sia sempre meglio di quello pubblico (ribadito di recente anche da noi da un politico come Salvini, il 30 agosto 2018, quando da neoministro addirittura difendeva le concessioni autostradali a Benetton  pochi giorni dopo il crollo del ponte Morandi), è un’altra delle grandi menzogne del capitalismo. Che ovviamente fa crollare la credibilità (se ce ne sia) del politico stesso che fa un’affermazione del genere (e si ricordi che in Italia le privatizzazioni selvagge non sono esclusiva della destra: sono state importate dal governo di centrosinistra a fine ‘900): è ovvio che costui anteporrà l’interesse del privato che gestisce il bene pubblico, rispetto all’interesse pubblico che è invece è stato chiamato a difendere. Perché? Darà sempre ragione al privato, il quale dirà di essere sempre il più capace a gestire tale compito. E se si sostiene che la gestione pubblica è sempre peggio di quella privata, beh, come si ferma quella privata quando questa fa solo il proprio tornaconto? Insomma, si teorizza e si mette in pratica che il peggio del privato è sempre meglio del meglio del pubblico. E non si sta certo dicendo che la gestione pubblica senza controllo sia sempre andata bene, anzi; ma quella privata, che inevitabilmente finisce senza controllo per quanto si è detto, ha fatto indubbiamente peggio. La Enron addirittura creava blackout in California, creando danni enormi che poi erano i contribuenti a dover ripianare, al solo fine di aggiudicarsi i lavori a prezzi migliori per sé. Altro classico crimine del capitalismo: che mette le mani sullo stato, da cui spreme per se solo tutti i profitti. Ma quando tale delittuosa gestione fa emergere i danni creati dai capitalisti stessi a loro esclusivo vantaggio, ecco che lì allora sì che deve intervenire lo Stato: cioè tutti i contribuenti, che devono impoverirsi per coprire gli ammanchi che non hanno creato loro, e che hanno invece subito. Il classico “individualismo dei profitti, e socialismo delle perdite” che anche in Italia abbiamo amaramente assaggiato (e non certo solo con i tanti fallimenti delle banche).

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