Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Lo spaventato e abusato Oliver Twist e i suoi compagni di borseggio e furto, il curvo e malandato Fagin, il torvo Bill Sykes, il tronfio Bumble, la Londra fangosa e pericolosa del XIX secolo per l’infanzia e l’adolescenza di altre generazioni sono figure, forme, violenze e stracci di un immaginario dell’ansia di abbandono e dell’insicurezza. Il mondo non è salvato dai ragazzini. Il mondo sa essere aggressivo, minaccioso, inospitale, terribile. Purtroppo ieri come oggi. L’infanzia e l’adolescenza costeggiata dai supereroi, dai videogiochi, dai telefonini, dai signori degli anelli, da harrypotter, da wrestler e da altri archetipi delle società opulente o sedicenti tali, hanno altre angosce e aspettative. La fantasia classica delle memorabili creature di Charles Dickens può avere, se non si individua una chiave di messa in scena originale e contemporanea, la rigidità, l’inespressività, la scarsa profondità prospettica di una stampa costosa, disegnata da un illustratore anonimo e scolorata dal tempo. Il regista questa chiave non l’ha trovata e la sua nuova versione cinematografica delle disavventure di Oliver Twist appare poco necessaria. Nonostante le referenze autobiografiche, letterarie e pittoriche, le sollecitazioni familiari (nel film compaiono i due figli e la moglie avrebbe insistito affinché il regista partisse per questo viaggio nei classici), l’opportunità di una lussuosa ricostruzione e di una pingue confezione potessero essere delle premesse singolari, l’esito è uno statico riassunto in cui i vari reparti della macchina cinema non bastano a fare un film. Polanski si concede o precipita in una opera malata di neoformalismo. Le versioni precedenti del romanzo restano nettamente superiori.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta