Regia di Orson Welles vedi scheda film
La versione di Franco non tradisce anzi accentua il carattere di opera aperta, itinerante, in divenire di Welles (e per molti versi di Cervantes) lasciandone intatto il fascino e il mistero. In alcuni momenti, in certi montaggi stretti per esempio, si avverte una certa rozzezza e il piacere dello spettatore è gustato anche dalla cattiva qualità, dal deterioramento di molto materiale impiegato. Ambientandolo negli anni suoi Welles, per scelta e per necessità, ha reso ancor più stridente il contrasto tra il mondo cavalleresco fantasticato e idealizzato da Don Chisciotte e quello nel quale compie le sue gesta. Nel film emerge bene la grandezza del personaggio, la sua purezza, il suo coraggio, la sua autentica nobilita e anche quello più rozzo ma altrettanto importante di Sancho, un misto di ingenuità e saggezza popolare che ha il grande merito di capire meglio di chiunque altro che a volte la “follia e la santità sono la medesima cosa”. Il film unisce a nuove e vecchie imprese del cavaliere dalla triste figura ampie sequenze documentarie che costituiscono un prezioso omaggio alla vitalità del popolo spagnolo. Se Akim Taminof si conferma caratterista di classe, Francisco Reiguera è un Don Chisciotte definitivo.
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