Regia di Michail K. Kalatozov vedi scheda film
Il film di Kalatozov ha almeno due meriti: il primo è storico e il secondo formale. Riguardo all'importanza storica, va detto che Soy Cuba è probabilmente il primo film a mostrare, con buona approssimazione, cosa fosse quell'isola prima della revoluciòn, sotto la dittatura sub-americana di Fulgencio Batista. A chi oggi senta parlare di Cuba e del suo regime quasi fuori del tempo, Fidel Castro può apparire come uno strano fenomeno emerso quasi per caso una cinquantina di anni fa e rimasto a far mostra di sé stesso in un'altra epoca, come testimoniano i macchinoni americani anni Cinquanta, che ancora circolano per le strade dell'Avana. In realtà, il film mostra, come in un saggio di marxismo applicato alla realtà di una media isola caraibica da sempre sfruttata (prima che dagli USA, dalla Spagna), quali umiliazioni abbiano dovuto subire i Cubani, ma anche le loro reazioni, talvolta scriteriate, seppure giustificate dalla miseria e dall'ingiustizia, e quale fosse, invece, la strada per rovesciare la dittatura, sotto la guida "illuminata" di una mente come Fidel Castro. Se presi singolarmente, infatti, i quattro episodi hanno valore diseguale (personalmente, preferisco i primi due, il terzo ed il quarto hanno un andamento più «propagandistico»), mentre, nel suo insieme, l'opera di Kalatozov ha quasi lo sviluppo della dialettica hegeliana, come applicata da Marx all'analisi della Storia (sono intuizioni frammiste a ricordi di studente: non mi si prenda troppo sul serio!). In sostanza, ad una presa di coscienza dello sfruttamento, segue una umanissima e giustificabile reazione, che, però, è inutile se non è portata avanti da tutte le componenti della società: il contadino, da solo, non può che compiere gesti di luddismo distruttivo ed autodistruttivo; gli intellettuali (gli studenti) non possono che soccombere di fronte alle armi da fuoco del potere. La dialettica storica di Soy Cuba si sviluppa, a costo di qualche forzatura sulla realtà (che all'epoca fu notata), sulle ali di una poesia probabilmente di Evtušenko (il quale collaborò alla sceneggiatura), che prende il volo a partire da un forte legame con la terra e da un richiamo alla concretezza della rivoluzione, esplicitata dalla non casuale inquadratura del libro di Lenin Lo stato rivoluzionario.
L'altro merito che ho riconosciuto al film, ho scritto, è formale. Mi correggo, perché avrei dovuto dire stilistico. Con rimandi al cinema espressionista, ma anche alla lezione figurativa di Ejzenštejn (il contadino Pedro, sul suo smilzo ronzino, ricorda la figura patetica di Don Chisciotte), Kalatozov ed il suo operatore infondono grande forza alle idee espresse in un film che resterà l'unico esempio di coproduzione cubano - sovietica.
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