Regia di Michail K. Kalatozov vedi scheda film
Di Kalatozov finora avevo visto l'acclamato "Quando volano le cicogne", ma questo "Soy Cuba", coproduzione russo/cubana accolta freddamente alla sua uscita, probabilmente è un film anche migliore.
Una tetralogia di episodi ambientati durante il periodo conclusivo della dittatura di Batista nell'isola caraibica: nel primo episodio una donna di colore molto attraente, fidanzata con un ragazzo povero, si prostituisce con un ricco americano ma ne prova vergogna; nel secondo un anziano contadino si ribella contro il proprietario della terra che coltiva, che l'ha venduta a una compagnia americana, bruciando la canna da zucchero; nel terzo uno studente rivoluzionario progetta un attentato contro il capo della polizia, senza portarlo a termine, ma lui stesso sarà colpito durante la violenta repressione; nel quarto una coppia con bambini si unisce ai ribelli castristi che lottano per la libertà sulle montagne della Sierra Maestra.
La propaganda naturalmente c'è, ed è anche molto virulenta nella rappresentazione negativa degli americani, ma il film non piacque principalmente per lo stile definito formalista, uno stile fortemente innovativo basato su instancabili movimenti di macchina, lunghissimi piani sequenza con ampio ricorso a profondità di campo e obiettivi grandangolari che distorcono gli sfondi, richiamando a mio parere soprattutto le avanguardie degli anni Venti e in particolare Eisenstein (ci sono citazioni esplicite sia di "Sciopero" con gli idranti sulla folla dei rivoltosi, sia della "Corazzata Potemkin"). Fra gli episodi il migliore è probabilmente il terzo, ma i valori tecnico/formali sono molto alti un po' dovunque, con inquadrature di un pittoricismo maestoso e di una lunghezza vertiginosa, con il bianco accecante dei campi invasi dalla canna da zucchero o dall'agave e il nero minaccioso di nuvole offuscate dal fumo di un incendio o dalle esplosioni delle bombe contro i ribelli delle montagne. Semisconosciuto ancora oggi in Italia, rifiutato sia da Cuba che dai Russi ma paradossalmente amato alla follia da registi come Scorsese e Coppola e da una critica americana che per una volta non gli ha fatto pesare l'antiamericanismo di fondo, "Soy Cuba" non meritava certo la pesante ostilità degli intellettuali comunisti della sua epoca, è un prodigio di trovate visive al servizio di una narrazione episodica che testimonia di una sincera adesione agli ideali rivoluzionari di Fidel e Che Guevara, che in un film del 1964 non erano certamente anacronistici per chi aveva sostenuto con la propria fede e anche col proprio sangue quel passaggio fondamentale nella storia del Paese. Il melodramma non sbanda quasi mai nella retorica che invece si trovava in alcune scene di "Quando volano le cicogne" e lo sguardo di Kalatozov non è esattamente "semplicistico, enfatico e hollywoodiano" come sostiene Mereghetti, ma spesso problematico, comunque incline ad un'analisi storicista che individua nel neocolonialismo americano e nel sottosviluppo le radici endemiche di un male a cui avrebbe potuto porre rimedio soltanto la Rivoluzione (che poi ci sia riuscita, sarebbe da vederlo).
Un'opera per molti versi sensazionale e anche geniale, con qualche inevitabile scompenso, ma assolutamente da recuperare per renderle giustizia di fronte a una sottovalutazione per molti versi incomprensibile.
Voto 9/10
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