Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Film discusso e discutibile, ma coerente al 100% con poetica ed estetica felliniane. La freak parade tipica della civiltà televisiva ben si addice all'immaginario grottesco che abita le pellicole dell'Autore riminese. Il film compie, con il consueto disincanto, una caricatura della trivialità della TV commerciale anni 80, infilando una sequela di gags ora riuscite ora banali. Sospeso fra genio e guitto, questo tardo Fellini cade purtroppo, in alcuni momenti, nella stessa volgarità che pretende di sbeffeggiare, oltre che nella ripetizione e nell'auto-referenzialismo. Ma anche i difetti (prolissità, decadentismo, viziosità, prevedibilità) rientrano appieno nella personalità inconfondibile del suo Autore. Tanto che si potrebbe anche azzardare che, in realtà, Fellini pieghi al suo sguardo unico l'estetica orrida della TV anni 80: a ben vedere, la fauna che popola lo studio televisivo di questo patetico revival del mito americano non è diversa da quella che si poteva vedere nei suoi film degli anni 60 e 70. Stilisticamente il film è, se possibile, ancora più ardito dei precedenti, oscillando fra il caos corale di Altman e l'inquadratura sovraffolata e tridimensionale di Tati. Indimenticabili Giulietta e Marcello, specialmente nela sequenza del black-out in palcoscenico, pervasa da un senso di morte, amarezza, malinconia, sarcasmo. Come dimenticare il fazzoletto al naso di lei e il gesto dell'ombrello di lui colto in castagna a sussurrare "Teledipendenti?! Tiè!!!" Ma anche gli showman nostalgici, quelli più vecchi e consumati, non possono scappare da quella che è la loro condanna a vita: alimentare quella stessa teledipendenza che disprezzano.
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