Regia di Antonio Margheriti vedi scheda film
Il sottotesto di denuncia delle atrocità naziste è davvero lievissimo, ma la costruzione narrativa non soffre nè di particolari inverosimiglianze storiche nè di eventuali 'leggerezze' che, dato l'argomento, sarebbero facilmente potute risultare controproducenti (vedasi in tal senso il truce filone del nazisploitation, sugli esperimenti e le torture naziste, che si svilupperà nella seconda metà dei Settanta); la sceneggiatura firmata dal regista, da Edmond T. Gréville e da Ernesto Gastaldi è - pur con tutti i suoi limiti - compiuta e la chiave thriller/gotica stimola le visionarie capacità di Margheriti, qui sotto pseudonimo (Anthony Dawson) come all'epoca usava. Pertanto La vergine di Norimberga è una pellicola assolutamente godibile, che non ha neppure tanto da invidiare ai coevi lavori del maestro (in Italia) del genere Mario Bava; il ritmo e la tensione sono mantenuti a ottimi livelli e le soluzioni registiche riescono spesso a mascherare le miserie del budget (anche se non mancano palesi modellini e sbudellamenti farlocchissimi). Fra gli interpreti: Rossana Podestà, George Riviere, il semisconosciuto Jim Dolen e Christopher Lee; il montaggio è di Angel Coly, cioè Otello Colangeli, e la colonna sonora di Riz Ortolani: mestiere e niente più, ma buon mestiere. Produce Marco Vicario, che prima di passare dietro la macchina da presa si impegnò sia in veste di attore che di produttore. 4,5/10.
In un castello tedesco si susseguono crudeli e inspiegabili omicidi di donne; anche un agente dell'Fbi indaga sul luogo, ma la verità è davvero scioccante.
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